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1990-91

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L’anno dell\”unico trionfo in campo nazionale degli striscioni. L’anno della Coppa Italia.
La squadra vede l’addio del bomber Valeri ma l’arrivo di “Micio” Gatti, pescato in Prima Categoria dopo una carriera brillante ma costellata di infortuni. In porta arriva un pezzo da novanta come Paolo Viviani; a centrocampo c’è il ritorno di Roberto Barozzi, dopo le glorie vissute nelle serie maggiori. Luigino Vallongo mantiene il posto di allenatore e dimostrerà di essersi meritato la riconferma.
La squadra era forte, ma non ci fu nulla da fare contro la Pistoiese che, tra l’altro, subirà l’unica sconfitta al Bacigalupo grazie a un traversone di Bocchi spinto in porta dal vento. Il discorso si chiuse quindi con largo anticipo e i biancoblù poterono concentrarsi sulla competizione ad eliminazione.
Il primo girone di qualificazione viene superato in scioltezza, tra l’altro con un 5-1 all’Intermonregalese; il secondo girone di qualificazione non rappresenta un problema con le franche vittorie su Sammargheritese e Valenzana. Si arriva ai 16.mi: sconfitta ad Aosta con ritorno che vede i valligiani travolti al Bacigalupo. Agli ottavi è il Giaveno a sbattere contro il Savona.
Si arriva ai quarti e la concorrente è quanto di peggio ci si potesse attendere: la Pistoiese dominatrice del campionato. Agli arancioni la coppa non interessa più di tanto e, dopo avere vinto di misura all’andata, vengono sconfitti 2-0 al ritorno. La semifinale vede scendere il Riviera il Darfo Boario Terme. I termali perdono 2-0 all’andata ma, quando tutti pensano che il ritorno sarà una battaglia, il Savona estrae dal cilindro una prestazione-monstre e travolge i lombardi 4-0.
Si arriva alla finale: l’andata è al Bacigalupo contro l’Avezzano, neopromossa in C2. Si presentano in 2.500 a sostenere gli striscioni ma, a parte un palo di Cuc nei primi minuti di gioco, si assiste a una partita a scacchi con le due squadre decise a darsi battaglia in Abruzzo.
Lo stadio dei Marsi conta 4.000 spettatori per la gara di ritorno, che si gioca di mercoledì sera, di questi solo una ventina arrivano da Savona. I biancoblù sono quindi fuori casa in tutto e per tutto. L’incontro è palpitante, lo 0-0 dell’andata non fa dormire sonni tranquilli a nessuno: basta una disattenzione e ci si trova ad annaspare.
I verdi di casa, trascinati dal pubblico, premono sull’acceleratore e Viviani è anche salvato dal palo, in altre tre occasioni è lui a metterci una pezza. Il Savona contiene ma quando riparte agli abruzzesi vengono i sudori freddi. Si arriva così ai supplementari e all’Avezzano si presenta una grandissima occasione: calcio di rigore! Caretta, tiratore infallibile, mette sul dischetto ma spara a lato un tiro intuito da Viviani.
Fallita la clamorosa occasione i verdi cominciano ad accusare anche la fatica e il gioco rallenta. Si va ai calci di rigore: comincia il Savona e comincia malissimo. Biolzi si fa parare il tiro. A questo punto tocca a Viviani, che da quella sera diventerà SanViviani: tocca a Nicoletti e il portiere para!
La serie prosegue, ma mentre gli striscioni segnano senza correre eccessivi brividi, i tiri dei marsicani sembrano sempre sul punto di essere parati: Viviani dimostra una reattività e una capacità intuitiva spaventose. Non finisce mai: si va all’oltranza! A Lentini risponde Maniero, segna Bocchi e Viviani decide che non è più tempo di soffrire: Mariani dal dischetto viene neutralizzato e la Coppa Italia è biancoblù!
A dire il vero sul terreno di gioco della coppa non c’è neanche l’ombra: bisogna vincere la sfida, platonica, contro la vincitrice della Coppa Italia di Promozione per avere la possibilità di portarla a casa. E chi è questa vincitrice? La Sestrese di Bobo Pilleddu con Gigi Bodi in panchina.
“Molto bene – è il pensiero di tutti – una bella finalissima a Genova, magari a Marassi, e facciamo festa tutti quanti insieme”. Sbagliato: la partita va giocata a Locri, dove la Federazione, mai più immaginando che sarebbero arrivate in finale le squadre di due località distanti 40 chilometri, aveva messo in programma la disputa di tutti i titoli nazionali, dai giovanili in su. Grandi polemiche da parte ligure, grandi arrabbiature da parte dei calabresi che si sentivano snobbati, ma l’ultima partita si giocò veramente a Locri, il 23 Giugno.
Fu poco più di una formalità, con il Savona tecnicamente troppo superiore agli avversari nonostante il campo in terra battuta. Finì 2-0 con doppietta del “Micio”, una di rapina e una su punizione allo scadere.
E finalmente il Savona potè alzare al cielo la sua Coppa Italia.

1989-90

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Mauro Della Bianchina lascia il ruolo di giocatore-allenatore e mantiene quello di trainer. La squadra, ulteriormente rinforzata rispetto all’anno precedente, vuole riprendersi quelle soddisfazioni mancate la stagione prima.
L’inizio è esaltante: punteggio pieno nel girone eliminatorio di Coppa Italia e 11 punti in 6 partite di campionato. Poi il ritmo inevitabilmente cala, il Fiorenzuola si mette in luce come squadra dal gioco spumeggiante ma il campionato è estremamente equilibrato: sono 6 le squadre impegnate nella lotta per il primato. La lotta è serrata e appassionante.
Per dare una scossa ulteriore all’ambiente Grenno decide per il cambio dell’allenatore: via Della Bianchina e panchina a Vallongo. La squadra tuttavia si basa quasi esclusivamente sulle grandi doti realizzativa di Oscar Valeri, che a fine stagione metterà a segno 20 reti in 31 partite disputate.
Si arriva così allo scontro diretto di Fiorenzuola a 7 giornate dal termine: gli striscioni lottano ma non riescono ad evitare la sconfitta, la squadra perde morale e 4 pareggi consecutivi mettono fine ai sogni di gloria, anche se il piazzamento finale vede i biancoblù a soli 4 punti dai vincitori.

1988-89

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Il Savona si presenta ai nastri partenza della serie D con una grande squadra: il Presidente Grenno non lesina gli sforzi per allestire una compagine in grado di vincere il campionato. L\”entusiasmo tra i tifosi è alle stelle.
Una settimana prima di cominciare la stagione arriva una notizia ferale: il Savona non è stato ammesso in serie D! Sconcerto generale: cos’è successo?
A distanza di lustri nessuno è ancora in grado di dare una risposta certa. Si parlava di un assegno fidejussorio non presentato nei tempi corretti, si parlava di strane manovre per favorire il ripescaggio di società con molti santi in paradiso, si parlava di inadempienze dovute alla vecchia gestione-Quartaroli. Si è parlato di tutto e di più, nessuno è mai riuscito a chiarire fino in fondo questa vicenda: in realtà, sembra che il Savona dovesse presentare un assegno a copertura delle spettanze di Binacchi e Musiello e, contemporaneamente, un ricorso per il blocco dello stesso in quanto, in qualità di dipendenti i due avevano fatto causa in Federazione per le spettanze mai ricevute, mentre in qualità di collaboratori di Quartaroli avevano creato i presupposti per il fallimento stesso. Un arzigogolo burocratico che comunque risultò fatale ai biancoblù.
Fatto sta che il Savona, da strafavorito in serie D, si trovò retrocesso in Promozione. La vicenda naturalmente provocò pesanti strascichi a livello di squadra: molti giocatori non se la sentirono di affrontare il torneo regionale e abbandonarono la barca, ma la squadra, pur senza gli elementi di spicco, risultò troppo forte per le avversarie di campionato.
Il torneo si concluse prima ancora di cominciare: il Savona era veramente di un altro pianeta e l’unica sconfitta stagionale arrivò a promozione abbondantemente ottenuta. L’attacco risultò di gran lunga il migliore del torneo, così come la difesa fu la meno battuta.

1987-88

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Enzo Grenno, assieme al padre Ettore, rileva il Savona dal giudice fallimentare e, dopo l’avventurosa salvezza dell’anno precedente, si presenta ai nastri di partenza con una formazione rifatta quasi totalmente. La panchina viene affidata a Vittorio Panucci, tecnico di molti dei giovani passati in prima squadra.
L’inizio è però oltremodo difficoltoso: le sconfitte si susseguono una dopo l’altra e l’esonero è il naturale sbocco della situazione. Il gruppo viene affidato a Della Bianchina, nelle vesti di capitano e allenatore. Poco alla volta, complice anche la giovane età dei giocatori e una serie di elementi d’esperienza arrivati quando ci rese conto che la squadra aveva bisogno di rinforzi, il Savona comincia a ingranare e la classifica viene rimontata giornata dopo giornata.
Il girone di andata è fatto di alti e bassi, ma quello di ritorno è sontuoso: 7 vittorie, 6 pareggi e due sole sconfitte, una a Domodossola, sul campo della vincitrice del campionato, e una in una disgraziatissima partita contro la Levante, nella quale gli striscioni colpiscono 2 pali, 2 traverse e sbagliano pure un rigore! Qualche volta si perdono punti per peccati di inesperienza, ma il carattere dei giovani impressiona favorevolmente. Si ripongono grandi speranze per l’anno seguente, ma le sofferenze non sono ancora terminate…

1986-87

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Nell’estate l’ing. Bartoli abbandona la guida societaria, sconfitto sul campo e nei rapporti con città e tifosi, che viene assunta da un trio piuttosto sospetto: Quartaroli, Binacchi e Musiello.
Già il fatto che Franco Quartaroli prenda la carica di presidente facente funzioni non suona molto chiaro alla tifoseria. Se poi ci aggiungiamo che Musiello viveva in una roulotte e che Binacchi, assieme a Quartaroli, si era già fatto conoscere in giro per l’Italia a causa di rocambolesche avventure calcistiche, in città non si respirava proprio ottimismo.
L’inizio, però, è tutt’altro che sconfortante: la squadra viene costruita facendo affidamento su ottimi elementi, per la categoria. Inoltre si pesca dal vivaio un Patrick Panucci che, a soli 16 anni, dirige la difesa come un veterano consumato. Viene ingaggiato un brasiliano (il primo nella storia del Savona) dal piede pesantissimo: Carlinho è l’unico giocatore di cui si abbia ricordo che, in occasione dei calci di punizione, preferisse spostare la palla indietro piuttosto che avanti. Ma la sua potenza di calcio era tale che si poteva permettere questo e altro.
I proclami di inizio stagione sono roboanti: il ritorno in C2 viene promesso, a patto che ci siano almeno 2.000 persone allo stadio. Il pubblico abbocca, la squadra viene seguita con passione, ma in breve ci si accorge che c’è qualcosa che non funziona: la squadra vince ma viene sempre raggiunta nel finale. Cosa succede? Qui i savonesi scoprono per la prima volta che anche nel calcio esistono i cottimisti: Frison, portiere dall’ottimo passato professionistico, soffre di dolori lombari, ma non ne parla con nessuno per evitare di perdere il posto e quindi la retribuzione. I dolori, durante la partita, si fanno lancinanti soprattutto nel finale, una volta posta la schiena sotto sforzo: ecco il perchè di tante rimonte!
Sotto il profilo umano la vicenda è triste, sotto quello sportivo lancia inquietanti ombre sulla gestione societaria. Le nubi si addensano minacciose, ciononostante la squadra continua ad impegnarsi, nella speranza di percepire gli stipendi rimandati da una settimana all’altra. All’inizio di Febbraio, però, i giocatori dicono basta: libri in tribunale e tutti a casa con l’eccezione di Carlinho (che conosceva i protagonisti e i soldi se li era fatti dare in anticipo…), i due figli di Quartaroli, Mirisola, Musiello e l’allenatore Binacchi.
Gli ultimi due intenteranno anche causa al Savona, che hanno contribuito a far fallire, per i rimborsi mai incassati e la Federazione darà loro ragione! Quartaroli sparisce nella nebbia. Ne riemergerà qualche tempo dopo, quando verrà arrestato per avere aperto nella cantina di casa una filiale non autorizzata della Zecca di Stato (sembra un film di Totò)…
Per cercare di salvare il salvabile la stagione viene conclusa dai ragazzini del vivaio, molti dei quali neanche maggiorenni, aiutati dai 5 di cui sopra. Nonostante la squadra si presenti spesso e volentieri con solo un paio di panchinari (una volta addirittura con 11 giocatori contati), il Savona conquista 7 punti in 8 partite impattando, tra l’altro, contro la capolista Saviglianese e si salva con 3 giornate di anticipo, grazie soprattutto all’abnegazione e allo spirito di sacrificio dei mini-striscioni.