Una nuova innovazione, questa volta un po’ più furba di quella della stagione precedente: da quest’anno la vittoria varrà tre punti invece dei classici due. Il cambio di valore nei punteggi era già stato introdotto all’estero per vivacizzare di più gli incontri e cercare di vedere formazioni più offensive; certo è che per il calcio italiano, dopo 100 anni passati a contare due punti per la vittoria, la trasformazione è epocale.
Capitan Carrea abbandona il gruppo assieme a “Bobo” Pilleddu tentato dalle sirene del professionismo, ma gran parte della squadra dell’anno precedente viene confermata. Senza il bomber principe, il girone si dimostrerà di ferro: la spunterà il Pisa dopo un’accanita lotta, non solo in senso figurato, contro Biellese e Aosta. Il Savona si salva con abbondante anticipo, e meno male perché da fine Gennaio a fine Aprile, vale a dire le ultime 12 partite, gli striscioni non riusciranno a vincere neanche una volta, raggranellando la miseria di 6 punti.
Ma la stagione non ha riservato solo delusioni: all’11a di andata al Bacigalupo arriva il Pisa. Allo stadio si presentano 3.000 persone, di cui 800 dalla toscana; il Savona disputa una gran partita di cuore e lotta e passa su calcio di rigore di Panucci. La ripresa vede i nerazzurri alla ricerca del pari, ma gli striscioni riescono a rendersi pericolosissimi in contropiede. Il dopogara è caratterizzato dalle feste biancoblù e dalle contestazioni dei pisani verso i propri giocatori. Sulle ali dell’entusiasmo, il Savona va a fare visita alla Sestrese sul pietroso campo dei verdestellati e ne esce un trionfo: 4-1, mai il Savona aveva vinto a Borzoli così perentoriamente.
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1994-95
Avviene il passaggio delle consegne: dopo 7 anni, impreziositi dal successo in Coppa Italia e dal primo posto a pari merito con l’Oltrepò, Grenno passa le consegne a Lino Di Blasio.
L’inizio è traumatico: niente ritiro perché non ci sono soldi, il precampionato si fa sulla terra battuta della 167 di Legino, rimborsi spese ridotti all’osso e chi resta lo fa solo solo per attaccamento alla maglia. Fortunatamente restano in parecchi, soprattutto i più forti, evitando così una diaspora che avrebbe avuto effetti disastrosi. A questi si aggiungono il ritorno di Patrick Panucci e Luca Bocchi e la decisione di Michele Sbravati di vestire il biancoblù.Il tecnico è Flavio Ferraro.
La squadra meriterebbe ben altre attenzioni di quelle che le riservano i tifosi, ma non per colpa loro. La Federazione, con una decisione a dir poco idiota, decide infatti di far giocare le partite al sabato per… guadagnare in visibilità! Il risultato è quanto di più scontato ci si possa immaginare: i pochi che seguono l’Interregionale diventano pochissimi, gli incontri si giocano di fronte a quei pochi intimi corsi allo stadio con il boccone nella strozza e le squadre in trasferta hanno il “supporto” dei dirigenti e dei parenti stretti dei giocatori… Un fallimento completo.
Già che siamo in tema di fallimenti vale la pena di ricordare che, quell’anno, il girone del Savona non contò nessun vincitore perché il Grosseto, arrivato primo, venne dichiarato fallito e quindi non fu iscritto alla C2. Il Borgosesia, secondo, declinò risolutamente gli inviti da Roma e la FIGC fece una corte spietata al Savona, terzo classificato, perché almeno gli striscioni chiedessero il ripescaggio in C2.
Nonostante le profferte romane, però, Di Blasio rifiutò categoricamente: per una società con pochi soldi e senza aiuti dalla città, avere giocato una stagione senza neanche gli incassi del botteghino era stato economicamente devastante, figurarsi andarsi a buttare in un’avventura tra i professionisti…
Il treno-C2 viene quindi lasciato passare senza troppi rimpianti: si vive alla giornata e ci si accontenta di quello che riesce a fare la squadra. Uno su tutti il record di SanViviani, che mantiene imbattuta la porta di casa per ben cinque mesi, per un totale di 1004 minuti!
1993-94
Enzo Grenno è stanco: la delusione del campionato precedente, chiuso malamente nonostante tutti gli sforzi finanziari profusi, qualche disavventura economica e il disinteresse totale delle istituzioni nei confronti della società fanno maturare in lui la volontà di cedere la mano. Nonostante tutto, però, rimane in sella e cerca di costruire una compagine dignitosa che parta da qualche punto fermo.
Su tutti Viviani in porta, Carrea in difesa, Chicchiarelli a centrocampo e Pilleddu in attacco. Questo è l’asse intorno al quale il rientrante mister Della Bianchina costruisce una squadra che, tra alti e bassi, conquista il centro classifica, con 34 punti in 34 giornate, di un campionato nel quale la Pro Vercelli non lascia scampo a nessuno, potendo contare su di un attacco composto da Provenzano, Artico e Weffort.
Molto più incerta, invece, la zona-retrocessione con 6 squadre in lotta per evitare gli ultimi 4 posti che significano Eccellenza: la spuntano sul filo di lana Valenzana e Moncalieri.
1992-93
Un torneo tutto in salita. Prima di tutto perché nel girone del Savona viene inserito il Livorno, squadra miliardaria che punta alla C2 dopo il fallimento e la ripartenza dall’Eccellenza; poi perché l’anno prima i biancoblù erano arrivati primi e la tifoseria non era disposta a veder sfumare il sogno-promozione; infine perchè la squadra dell’anno prima conta una serie di partenze eccellenti (Barozzi, Gatti, Peselli tanto per citare qualcuno) che paiono di difficile rimpiazzo.
Invece sul mercato la società si muove benissimo e pesca una serie di jolly che rispondono al nome di Pilleddu e Ferraris, oltre al ritorno di Chicchiarelli dalla sua esperienza professionistica.
La stagione comincia un po’ in sordina, anche se con tante speranze, ma già alla prima di campionato i biancoblù fanno il botto: al Bacigalupo arriva il Livorno con 1.000 tifosi al seguito, la cornice è da categoria superiore e al 4′ Chicchiarelli deposita in rete un cross di Pilleddu. E’ il gol che segna la partita: dopo una giornata si comincia già a pensare in grande.
Gli striscioni subiscono un paio di battute di arresto evitabilissime ma si piazzano stabilmente nelle prime posizioni. Il gruppo di testa comprende anche gli amaranto, il Voghera e il Rapallo; i rossoneri cadono anche loro al Bacigalupo, mentre i ruentini hanno la meglio in casa loro su un Delfino a pezzi a causa degli infortuni. Per non lasciare nulla di intentato, a Novembre Grenno compra anche il centravanti Mazzeo e il centrocampista Briata.
I risultati dei due innesti, però, non sono pari alle attese: tra Gennaio e l’inizio di Febbraio gli striscioni incappano in un periodo nero che frutta soli 4 punti in 6 partite, con ben 3 sconfitte casalinghe. Mentre la vetta si allontana si opta per il cambio di panchina e arriva un altro ex: Vladimiro Zunino. Purtroppo la decisione si rivela nefasta: i biancoblù inanellano quattro pareggi consecutivi che li estromettono definitivamente da ogni discorso, la squadra perde ogni motivazione e l’ultimo quarto di campionato passa in attesa del termine della stagione.
Alla fine, abbastanza a sorpresa, il torneo viene vinto dal Voghera che precede Livorno e Rapallo. Agli sportivi savonesi resta una grande amarezza: la loro squadra ha perso solo una delle sei partite giocate contro le prime tre e il quinto posto finale non è certo lo specchio fedele del valore assoluto della formazione biancoblù.
1991-92
Il Savona porta sulle maglie la coccarda tricolore che spetta ai vincitori della Coppa Italia e quella vittoria rinnova l’entusiasmo dell’ambiente.
Luigi Vallongo lascia la panchina da vincitore e il suo posto viene preso dalla “vecchia gloria” Orcino. Il reparto di attacco viene rinforzato con l’acquisto di Luca Peselli, centravanti della Pistoiese dominatrice del torneo precedente; dai toscani arriva pure Roberto Milani e c’è il ritorno di Baldi a centrocampo: la squadra appare veramente completa e pronta al salto di categoria.
Nel frattempo, la Federazione decide di far “dimagrire” la C2 riducendo i gironi da 4 a 3, quindi il salto di categoria non sarebbe stato immediato ma solo dopo uno spareggio con una vincente di un altro raggruppamento.
L’inizio è incerto ma da subito si vedono le potenzialità dell’organico savonese; a metà girone di andata viene vinto lo scontro diretto contro l’Oltrepò, che conta nelle sue fila gli ex Felice e Bongiorni, e il Savona si insedia stabilmente ai primi due posti: l’altalena prosegue per tutto il campionato con il solo Bra che cerca di inserirsi nella lotta per il primato.
Il ritorno a Stradella vede i biancoblù raggiunti sul 2-2 solo a 10 minuti dalla fine. Si cullano sogni di gloria, resi ancora più accesi dall’arresto del presidente dell’Oltrepò per una storia di tangenti: tutti si aspettano il crollo psicologico dei verdi da un momento all’altro.
A tre giornate dalla fine il Savona va a Bra e l’Oltrepò a Rapallo, squadre già tagliate fuori da qualsiasi gioco. A Bra si inventano una rivalità con gli striscioni di cui sotto alla Torretta nessuno sapeva niente, il Savona è seguito in trasferta da 500 tifosi. La partita è al calor bianco, lo sgangherato campo piemontese si trasforma in una bolgia, il Savona rischia seriamente il tracollo.
Al 10′ del secondo tempo il Bra segna la rete del 2-0 con scene di esultanza fuori da ogni logica: Conti, che è portiere dei giallorossi ma è di Savona, si rivolge ai suoi concittadini con gesti che non lasciano niente all’immaginazione. Rabbia e frustrazione montano come un’onda nella tempesta, il Savona tira fuori quello che ha ancora dentro: cinque minuti e Gatti accorcia le distanze. A questo punto i biancoblù, perso per perso, si riversano nella metà campo piemontese nella speranza di agguantare il pareggio. Il 2-2 arriva a un quarto d’ora dalla fine, per merito di Baldi.
La recinzione, sottoposta a un autentico assalto, collassa per buoni 5 metri. Privi di ostacoli, i tifosi possono abbracciare i giocatori e i giocatori i tifosi. L’arbitro non sa che pesci pigliare, perchè non si tratta di un’invasione di campo ma piuttosto di un’orgia selvaggia che si consuma ai bordi dello stesso; i pochi Carabinieri cercano di porsi in mezzo e, aiutati dagli stessi tifosi, rimettono in piedi la recinzione con agganci di fortuna, in modo da far riprendere la partita. I padroni di casa sono in bambola, la spavalderia è passata in un attimo; il Savona una bestia ferita che cerca l’impresa a tutti i costi e la sfiora in più di un’occasione.
Anche a Rapallo finisce in parità e le restanti due gare non servono a rompere l’assoluto equilibrio. Si deve andare allo spareggio per accedere agli spareggi, sembra assurdo ma è così.
Il calendario è compresso e non c’è neanche il tempo di rifiatare: il Savona ha la spia della riserva accesa e si presenta a Casale con parecchi uomini tenuti assieme con il fil di ferro.
Ci sono 1.000 savonesi in trasferta ad incitare i loro beneamini, per cercare di sopperire con il tifo alle carenze fisiche. L’incontro non è certo spettacolare, l’importanza della gara si fa sentire, gli striscioni non sono in grado di far valere l’indubbia superiorità tecnica e le cose peggiorano quando Barozzi è costretto ad alzare bandiera bianca. Passano i regolamentari e i supplementari senza che nessuna delle due squadre sia in grado di sbloccare la partita. Si va ai rigori.
Come ad Avezzano il Savona comincia male: Capurro spedisce fuori. Come ad Avezzano Viviani indossa i panni di Superman e para il tiro di Felice. Come ad Avezzano i rigori del Savona si insaccano senza problemi, mentre quelli degli avversari vengono costantemente sfiorati dal numero uno biancoblù. Tocca a Bocchi: portiere da una parte e palla sul palo! SanViviani ci prova ancora ma questa volta neanche lui riesce a fare il miracolo.
La beffa delle beffe è consumata: vince l’Oltrepò, con il portiere che non è riuscito a gettarsi neanche una volta dalla parte giusta, e perde il Savona, con Viviani che ha parato un rigore e ne ha sfiorati altri tre.