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2000-01

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Chi troppo vuole nulla stringe. Viene alla mente il famoso detto se si pensa a questa stagione: il Savona arriva secondo in campionato e in semifinale di Coppa Italia. In altre parole, in lotta fino all’ultimo per entrambi i tornei i biancoblù non sono riusciti a cavare un ragno dal buco.
La squadra, già competitiva di suo, era stata rinforzata con ulteriori pezzi pregiati: dalla serie C erano arrivati Bracaloni e Di Gioia, Biffi addirittura dalla B, inoltre c’erano stati gli acquisti di Iacono, Giuntoli, Spatari, Magnani, Cavalcante, Colacicco, Barone, Notari, Liperoti, Giribone e Pignalosa oltre alla promozione dei giovani più validi in prima squadra a causa della regola degli under.
La stagione iniziava con una bellissima sorpresa: il fondo del Bacigalupo tirato a lucido come non mai. Un’opera di rinnovamento che a Settembre presentava un prato che a Savona non si era mai visto. La squadra andava di pari passo con le attese: eliminata la Sestrese, grande favorita del campionato, nei preliminari e la Sanremese al secondo round. Il campionato, invece, cominciava con una sconfitta e un pareggio casalingo e soprattutto, l’espulsione di Biffi. Il futuro capitano ci metteva un bel po’ di tempo a far capire che razza di giocatore era: chiuso nel Milan da Franco Baresi (quello che quando ha smesso hanno ritirato la sua maglia) era passato al Palermo, dove aveva giocato una decina di campionati da titolare tra C1 e B. Impossibile che fosse diventato improvvisamente un brocco. Piuttosto aveva faticato parecchio a prendere le misure con le terne arbitrali, che in serie D tendono a darsi molta più importanza di quanta non ne abbiano in realtà.
Una volta sistemato l’asseto della squadra, però, il Savona cominciava a macinare punti, nonostante il gioco fosse sempre farraginoso. La cosa provocava parecchi malumori tra la tifoseria; malumori che pian piano salivano anche in società, finchè, a metà stagione, Piro non decideva di sollevare Flavio Ferraro dall’incarico. Al suo posto arrivava il tecnico della Berretti Felice Tufano, ex giocatore nella stagione sportiva ’84\’85.
Nel frattempo la Sestrese si era liquefatta a causa di problemi economici della dirigenza, per la promozione restava quindi un discorso a tre tra Savona, Derthona e Valenzana. Il duello andava avanti per parecchie giornate, poi i leoncelli abbandonavano il campo alle altre due, con la Sangiustese che tentava disperatamente di restare agganciata al treno di testa, senza fortuna.
I biancoblù avevano una rosa ampia, ma con troppi elementi non all’altezza di disputare tornei di alto livello; così il doppio impegno Coppa-Campionato, diventava uno stress soprattutto nel momento in cui si arriva alla stretta finale delle due competizioni. Molto probabilmente sarebbe stato molto meglio concentrare le proprie attenzioni su un obiettivo solo, ma sono le parole del dopo. Al momento si sognava il replay di 10 anni prima e il salto nei professionisti.
I sogni si dileguavano a causa di due autoreti nella partita di ritorno nelle semifinali contro il Fanfulla e di una prestazione molto sottotono nello scontro al vertice di Valenza. Nonostante la perdita del primato gli striscioni restavano a un’incollatura dagli orafi, che inanellavano una serie di vittorie “impressionante” non tanto per i punteggi, quanto per la facilità con cui venivano ottenute. L’esodo a Chiavari di 500 persone all’ultima giornata era più un segno di fede incrollabile che un pensiero razionale: i rossoblu alessandrini vincevano anche l’ultima gara e staccavano il passaporto per la C2.
Al Savona non restava che sperare nel ripescaggio: nonostante il punteggio accumulato gli striscioni venivano scavalcati dal Trento, all’ultima conta, per un solo punto. Non c’era più niente da fare: l’anno successivo sarebbe stata di nuovo serie D.

1999-2000

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E’ l’estate del 1999, il Savona è a un passo dal fallimento. In tribunale ci sono già cause pendenti per insolvenza. La città sta a guardare, conscia che nulla e nessuno potrà evitare il passo finale; tra i tifosi lo scoramento è massimo.
Un bel giorno in città si presenta il 41enne Benedetto Piro, assolutamente sconosciuto ai più, ma con un assegno da portare al giudice fallimentare per chiudere le pendenze e assicurarsi la proprietà della società. La città lo accoglie freddamente, come nello stile ligure ma anche a causa di una campagna denigratoria montata ad arte, però molto velocemente ci si accorge che intende fare sul serio: campagna acquisti di lusso per una società che milita nell’Eccellenza Regionale, collaboratori del posto, ritorni di giocatori che sulla piazza erano dei miti.
Il personaggio è focoso come la sua terra d’origine, le sue sparate sono sul giornale un giorno sì e l’altro anche: “se dice certe cose è perché potrà permetterselo”, pensano in tanti. Avranno ragione, ma solo in parte. Per il momento hanno ragione. Tra Bettino, come si fa chiamare da tutti, e la città è un colpo di fulmine squassante: i suoi modi di fare, decisamente poco convenzionali, hanno il potere di scuotere i quintali di polvere che nei decenni erano andati accumulandosi sopra il blasone del Savona. La pubblica amministrazione, tirata in ballo per i capelli, non può far finta di niente e, dopo più di 20 anni, mette mano al Bacigalupo!
L’ambiente vive uno stato di esaltazione irreale, se si pensa alla categoria in cui militano i biancoblù, ma in questo periodo tutto è esagerato: chi si ricorda della “Milano da bere”? Uguale. La gente va allo stadio infischiandosene bellamente delle squadre avversarie, si va a vedere il Savona in quanto tale, per quello che è tornato a rappresentare. L’inizio di stagione è col botto: punteggio pieno nel girone eliminatorio di Coppa Italia, 18 punti in 6 giornate in campionato con 15 gol segnati e nessuno subito. Alla nona i punti sono 25, complice lo 0-0 casalingo contro il Sestri Levante con un rigore sbagliato e 18 calci d’angolo a favore degli striscioni, i gol 22 a 2: si favoleggia di una marcia trionfale, si sognano record su record, ma la realtà sarà diversa. Il comitato regionale mal sopporta di vedere il campionato ridotto a operetta e cominciano ad arrivare arbitraggi ben oltre il limite della decenza: rigori regalati agli avversari, agli striscioni concessi i falli solo quando proprio non se ne può fare a meno, tollerato ogni genere di brutalità sui savonesi. A metà Dicembre si arriva al culmine: a Vado si gioca un derby che, più che una partita, è un incontro di Thai boxe. Brignoli ha la mascella fratturata, Barone tre costole incrinate, Bottinelli una caviglia a pezzi sotto gli occhi impassibili dell’arbitro.
La domenica dopo, con mezza squadra in infermeria, a Savona arriva il Pontedecimo: nonostante tutto, se i granata perdono è praticamente finito il campionato. Sotto la pioggia è un assalto forsennato dei biancoblù al fortino granata; i genovesi resistono come possono, si mettono in 11 in area di rigore, ma a 10 minuti dalla fine capitolano su colpo di testa di Gatti: l’arbitro annulla. I tifosi sono imbestialiti, la squadra di più: preme sull’acceleratore, picchia come un maglio contro la difesa e, su una gran mischia in area, la palla entra in porta! Gol? No, perché un difensore la mette fuori con un pugno. Rigore? Neanche! L’arbitro fa segno che non è successo niente: mentre i giocatori del Savona sono tutti intorno al direttore di gara, prende palla un granata che si invola, neanche troppo convinto perché crede che il gioco sia fermo, verso la porta di Di Latte. Cappanera, tanto per evitare equivoci, lo stende: l’arbitro si apre la strada in mezzo ai giocatori di casa e va ad espellere il centrale degli striscioni!
Va detto che in questo torneo il Savona faceva più pubblico di tutte le altre gare messe assieme, quindi, quando arriva questa ennesima provocazione, succede il finimondo: c’è il reale rischio di un’invasione di campo. Tra la forza pubblica, i dirigenti e i meno esagitati tra i tifosi si riesce a metterci una pezza, agevolati dal fatto che alla fine dell’incontro manca veramente un’inezia. La carta stampata userà parole di fuoco per bollare la direzione di gara, i massimi organi regionali faranno a gara nel giurare e spergiurare che non c’è nessuna volontà di ostacolare il cammino dei biancoblù: sono giorni di altissima tensione. Il nuovo anno comincia con il Savona che vince la fase regionale della Coppa Italia e i dirigenti che premiano Piro e i giocatori: sembra che la pace sia stata finalmente firmata. Dura poco, perché alla ripresa del campionato agli striscioni viene negata la vittoria sul campo di Arma di Taggia a causa di un gol misteriosamente annullato negli ultimi istanti di gioco. La squadra reagisce da capolista e rifila un cappotto in trasferta alla Sampierdarenese; frattanto, però, qualcosa si è incrinato nello spogliatoio: sale la tensione fra mister Sassarini e i giocatori. In due gare, Santa Margherita e Busalla, gli striscioni offrono delle prestazioni disgustose e raccolgono altrettante sconfitte. La vetta è perduta, il Presidente capisce il messaggio e licenzia l’allenatore: al suo posto Flavio Ferraro.
Mancano 9 partite al termine: il Savona metterà assieme 8 vittorie e un pareggio, complici tre pali e il solito gol annullato, contro il Vado, nella partita che sancisce la matematica promozione con due turni di anticipo. In quella gara il Bacigalupo avrebbe agibili solo i 1.500 posti di tribuna ma, visto il numero di spettatori presente, si decide saggiamente di lasciar andare parte del pubblico anche sui distinti.
E’ un trionfo della squadra ma, soprattutto, personale di Bettino Piro: grazie a lui la città torna a parlare tutti i giorni del Savona.

1998-99

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La gestione Montali continua, dopo l’assurda retrocessione dell’anno precedente la richiesta della tifoseria è una sola: promozione immediata.
La parte politica cittadina tiene un comportamento ondivago nei confronti della società: partecipa alla presentazione in piazza e, contemporaneamente, non muove un muscolo quando la Commissione di Vigilanza porta la capienza dello stadio a 500 persone…
In città c’è sconcerto, non si capisce di chi ci si debba fidare; i due fratelli ostentano sicurezza, ma ben presto i nodi vengono al pettine: l’ex campione del mondo Pasculli, ingaggiato in estate, si ferma giusto il tempo di una comparsata e sparisce nel nulla; la squadra è in continua evoluzione e non avrà mai un aspetto definitivo; girano mille nomi altisonanti ma di giocatori veri se ne vedono ben pochi.
I biancoblù partono con il favore dei pronostici a causa del nome, non certo per la condizione societaria. L’inizio di campionato non è malvagio ma il Savona non riesce a staccare gli avversari, il torneo non è certo dominato anche se i biancoblù guidano la classifica. La situazione comincia a farsi difficile dopo l’umiliazione subita sul campo del Baiardo (4-1) e nonostante il titolo di campione d’inverno.
Il girone di ritorno, poi, è un calvario: gli stipendi non arrivano, la squadra immersa in un tourbillon sempre più caotico, gli allenatori girano come su una giostra. Il culmine dell’umiliazione giunge ad Arma di Taggia, dove i locali, in 8 per 40 minuti, riescono a rimontare e pareggiare gli striscioni. Il suicidio è completo, i biancoblù non riescono a raggiungere neanche la seconda piazza, che porta agli spareggi.
Ma il peggio deve ancora arrivare: la situazione economica precipita a vite, il fallimento è dietro l’angolo.

1997-98

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Una stagione incredibile, romanzesca: negli USA ci avrebbero fatto un film da tante cose sono successe.
I soldi sono palesemente finiti, i giocatori se ne vanno in blocco e i dirigenti tentano l’ultima carta attrezzando una specie di campagna acquisti con elementi presi un paio di categorie più in basso o che rimettono le scarpe bullonate giusto per l’occasione…
L’inizio è logicamente disastroso, l’allenatore Ghilino tenta di fare le nozze con i fichi secchi ma l’impresa non è ardua, è impossibile. A novembre la svolta: la società viene ceduta alla Hancox Ltd., società irlandese che fa capo ai fratelli Montali. I due chiamano Bruno Caneo a fare da allenatore e parte una vera e propria “caccia all’uomo”, intesa come ricerca di tutti i giocatori disponibili sul mercato. Si tesserano uomini su uomini, si prova tutto quello che si può provare ma la situazione rimane disastrosa e le prestazioni sul campo tragiche: fioccano sconfitte e goleade, in casa e fuori, con gli avversari che dopo un po’ si stufano e trotterellano in mezzo al campo.
A suon di arrivi viene assemblata una squadra più o meno in grado di giocarsela alla pari con le avversarie, ma ormai è quasi finito il girone di andata e in classifica si contano 5 miserabili punti. Un passo indietro: a inizio campionato era stata ufficializzata l’ultima novità, da questa stagione gli arbitri avrebbero dovuto recuperare il tempo perso durante la partita. Era finita anche l’era dei 90 minuti tassativi, qualsiasi cosa succedesse.
A tre giornate dal giro di boa il Savona, straultimo, va a Camaiore sul campo della capolista: dopo 15 (sì, proprio QUINDICI!) minuti di recupero riesce a portare a casa una meritata e clamorosa vittoria per 3-2. La domenica successiva, galvanizzati dal successo, gli striscioni battono anche la Valenzana in casa e si apprestano ad affrontare l’ultima di andata, il 21 Dicembre a Pinerolo.
Ad uso e consumo dei tanti non presenti quel giorno, ci esibiamo in una cronaca differita di qualche anno; ma non temete, sarà più che veritiera: perché quel gol è come se Marcelo Gimenez l’avesse segnato dieci minuti fa…
Quarto d’ora o giù di lì (ai fini della storia non conta niente) della ripresa: Pinerolo e Savona sono sull’1-1, il Savona è in dieci a causa dell’espulsione di Bottinelli, autore della rete biancoblù. Brutto fallo nella nostra trequarti su un savonese che viene trasportato fuori dal campo: il Savona adesso è in 9 contro 11. Gimenez batte la punizione in posizione centrale e chiede la triangolazione a un suo compagno di squadra, riprende palla sul cerchio del centrocampo nella sua metacampo e avanza; supera due avversari in dribbling stretto e punta verso l’area di rigore. Sulla trequarti avversaria non lo contrasta nessuno, così arriva al bordo della lunetta con la difesa a quattro schierata davanti a lui; piega leggermente verso destra, cercando lo spazio per il tiro; all’incrocio tra la lunetta e la riga dell’area potrebbe farlo ma rinuncia, continua verso destra al limite mentre gli si fa incontro l’esterno opposto: con due finte cerca di nuovo lo spiraglio per il tiro e per due volte lo avrebbe, ma non tira.
“Che c…o fa? Che c…o fa? Perché non tira?” si chiedono i tifosi che già sudano freddo al pensiero di un contropiede da fronteggiare con due giocatori in meno. In quei precisi istanti succede qualcosa di magico, di inspiegabile, forse di soprannaturale, come le stelline che scendono dalle bacchette delle fate: il Genio del Gol si impossessa di lui e paralizza le facoltà mentali degli altri. Arrivato quasi al bordo destro dell’area, Gimenez fa un improvviso dietrofront, torna sui suoi passi, punta al lato opposto e poi si lancia verso la bandierina del corner. Perché in quei momenti nessuno dei giocatori di casa abbia tentato di farsi sotto per levargli il pallone è un mistero, così come è un mistero perché nessun savonese gli si sia avvicinato anche solo per dettare un passaggio: ecco la logica spiegazione al Genio del Gol!
Marcelo è sulla bandierina di sinistra dell’attacco savonese, mette la palla sulla riga di fondo e parte: supera un difensore che tenta un goffo recupero in scivolata, tunnel ad un altro piazzato al limite dell’area. Il pallone continua a scivolare su un invisibile binario sulla riga bianca: è in area! Il terzo che gli si fa incontro sta cominciando a capire. Forse cominciano a capire anche quelli sugli spalti, perché nessuno batte più ciglio: chi fuma ha la sigaretta penzolante dal labbro, chi non fuma ha quasi smesso di respirare; ci si tiene l’un l’altro per impedire a qualcuno di interrompere il sogno: l’estasi, la catarsi pian piano si sta impadronendo di tutti i presenti.
Il terzo difensore ha gambe sempre più molli ogni decimo di secondo che passa, tenta un contrasto ma è pavido: la palla continua il suo percorso sul limite di fondo come se il piede avversario si fosse smaterializzato all’improvviso. E’ al limite dell’area piccola! Il silenzio è totale, in campo e fuori: come nel Far West dei film tutti stanno aspettando il duello estremo, la resa dei conti. Arrivato a quel punto, Gimenez stacca la sfera dalla rotaia (perché solo lui poteva farlo) e si sposta verso il centro; il portiere è un tutt’uno con il primo palo: di lì non potrebbe mai passare. Quei tre passi all’interno dell’area piccola gli permettono di vedere solo una porzione dello specchio della porta, ma sulla riga c’è un altro avversario e sul dischetto del rigore un altro ancora che lo aspettano e forse non è il caso di rischiare troppo. Quindi…
Quindi cannonata contro l’estremo difensore, ma non rasoterra o contro le tibie che sennò il pallone sarebbe schizzato chissà dove… no, cannonata contro le parti molli: la pancia, le cosce. A mezz’altezza, insomma; per cui il portiere avrebbe tentato la presa ma il tentativo sarebbe risultato goffo e scomposto. Il numero uno avversario il pallone lo respinge, un po’ per parare e un po’ per ripararsi dal colpo, perde l’equilibrio, incrina la muraglia umana che formava con il compagno sulla linea di porta, si getta in avanti, lascia degli spiragli. E sulla palla che ballonzola tra i due contendenti il primo a mettere la punta dello scarpino non poteva essere che lui: Marcelo Gimenez!
Beffarda la sfera si infila lemme lemme tra il portiere proteso in un disperato estremo tentativo e il difensore ostacolato dal suo stesso compagno: GOL! Il più bel gol mai segnato da un giocatore del Savona su azione personale! Cosa successe dopo nella zona occupata dai savonesi lo lasciamo all’immaginazione di ognuno.
Passato un Natale ebbro di speranze e di sogni, il girone di ritorno riportò velocemente tutti quanti sulla terra. Una serie di sconfitte riallontanano il Savona dalla salvezza, intravista fino a poche settimane prima. Un altro scatto di orgoglio permette ai biancoblù di riportarsi sotto. Andando avanti tra alti e bassi si giunge quasi al termine del campionato: a 5 turni dalla fine incontro casalingo contro la Pavullese, da vincere a tutti i costi. Quasi alla fine del tempo di recupero il risultato è ancora sull’1-1, l’ultimo disperato attacco non porta ad altro che a un calcio di punizione dalla trequarti sinistra: l’arbitro fa battere giusto per lasciar passare gli ultimi secondi. Palla a spiovere in area, Cellerino arriva in corsa e con la coscia tibia anca ginocchio, un pezzo di arto qualsiasi, scaraventa la sfera nel sette della porta avversaria! L’arbitro fischia la fine mentre i giocatori corrono impazziti per il campo, tra il pubblico le urla si mescolano agli abbracci: grazie ai risultati di giornata il Savona sarebbe salvo! Il miracolo è a un passo.
La domenica dopo il Savona va a pareggiare a Massa sotto un diluvio epico, il punto serve ma le dirette concorrenti si riportano avanti. Partita casalinga contro il Camaiore: non si può sbagliare di nuovo. Come in un incubo si torna alla situazione di 15 giorni prima: vantaggio, pareggio ospite e assalto finale all’arma bianca. Passano i minuti, passano i secondi, siamo in prossimità del fischio finale quando Malafronte, con la forza della disperazione, non trova il modo di bucare di nuovo la retroguardia blugranata! Gli striscioni hanno regalato ai tifosi un’altra vittoria allo scadere, un altro attentato alle loro coronarie, soprattutto una giornata di speranza in più.
Penultima di campionato a Valenza: gli orafi non hanno nulla da giocarsi, il Savona sì. La tensione in campo è tanta e i rossoblu ne approfittano: gol dell’ex Briata. I biancoblù pareggiano prima della fine della frazione e ad inizio ripresa rovesciano il risultato. La squadra è visibilmente stanca, i padroni di casa non ci stanno a perdere ma la barriera davanti a Siracusa regge; gli striscioni traballano, rischiano, sono a corto di energie: c’è bisogno di cambi, se ne accorgono tutti. Lo chiedono i giocatori, lo urlano i tifosi, ma la panchina perde completamente la testa: si va avanti così, ma non si va lontano; i locali pareggiano allo scadere, la squadra crolla psicologicamente e viene infilata nuovamente nel recupero. Il finale di partita, fino ad oggi benevolo aiuto, diventa d’un tratto insormontabile ostacolo: il Savona retrocede, immeritatamente per l’impegno profuso in campo dai giocatori, giustamente per l’insipienza dimostrata dalla parte tecnica.

1996-97

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Nuovo cambio di panchina e nuovo ritorno di una una “vecchia gloria”: Gianni Mihalich prende il posto di Flavio Ferraro alla giuda di una squadra che continua ad andare avanti con l’ossatura già collaudata delle stagioni precedenti e che cerca di riscattare l’opacissima chiusura del campionato precedente.
In questa stagione Patrick Panucci si toglierà lo sfizio di centrare il titolo di capocannoniere del girone, mettendo a segno ben 18 gol pur non essendo un attaccante: in effetti i suoi gol scaturirono quasi tutti da calci di rigore o da punizioni battute con rara maestria.
Il precampionato vede il Savona impegnato in una misteriosa ed affascinante tournée in Khazakistan, in cui gli striscioni verranno accolti con tutti gli onori e la curiosità riservate agli ospiti lontani e sconosciuti. A quei tempi la nazionale khazaka non esisteva ancora ed era rarissimo per i locali poter vedere giocare dal vivo una formazione di un paese occidentale.
L’inizio di campionato portò in breve a un conflitto allenatore-presidente che quest’ultimo risolse nell’unico modo possibile: con l’esonero. La guida fu affidata al Leo Cusimano, la squadra non ne risentì particolarmente sul piano del gioco, restando sempre agganciata al treno di testa fino al clamoroso rovescio della prima di ritorno: 5-0 dal Castelnuovo Garfagnana che si stava giocando la vittoria finale con il Viareggio. Di lì in avanti ci fu una progressiva flessione, sempre ricca di gol ma con risultati altalenanti, anche se il riscatto del rovescio in terra toscana venne contro Asti (5-2) e Moncalieri (5-1).
Il buon piazzamento in classifica provocò anche un seguito mal digerito dai dirigenti: la partecipazione al play-off, allora più di oggi assolutamente inutili nel massimo torneo dilettantistico. Venne mandata in campo una formazione composta da giovani, i quali riuscirono anche a vincere una delle quattro partite disputate.