Dopo la faticosa e contorta salvezza dell’anno precedente, la nuova stagione riserva subito il “botto” maggiore: Bettino Piro molla tutto e se ne va! La palla passa in mano a Domenico Russo, ex presidente di Pietra Ligure e Borghetto, che, a naso, non pare essere economicamente in grado di mantenere una formazione in serie D.
Dopo le mille e più profferte ricevute, quindi, Piro decide di lasciare la società a chi più a lui gradito, anche la situazione economica dei biancoblù lascia ben poco ottimisti riguardo al futuro. Al momento del passaggio delle consegne, però, avviene qualcosa di poco chiaro: invece di essere fatto alla luce del sole, l’atto viene consumato in maniera carbonara alle prime luci dell’alba, in modo da lasciare meno tracce possibili. La cosa pare strana, ma la priorità è quella di vedere se la nuova compagine sociale sarà nelle condizioni di mantenere almeno la categoria: al proposito Russo e i suoi collaboratori sprizzano ottimismo da tutti i pori.
L’inizio non è dei peggiori: è chiara l’intenzione di assemblare una squadra con una spina dorsale di esperienza attorno alla quale possano ruotare i giovani. Le scelte, invece, fanno storcere il naso: Russo e i suoi non hanno nessuna esperienza della categoria e cercano di pescare tra i giocatori che conoscono, che però sono almeno di categoria inferiore. In un modo o nell’altro, comunque, viene assemblata una formazione in grado di disputare un campionato dignitoso. Ma i guai sono solo all’inizio.
La dirigenza, come detto, non ha conoscenza della categoria e non riesce ad organizzare amichevoli in grado di testare l’effettiva forza della squadra. Nel contempo arriva la prima batosta: il Bacigalupo è inagibile a causa di qualche mancanza più formale che strutturale; per sbloccare la situazione basterebbe la firma del sindaco, ma a Savona il sindaco non c’è perché dimissionario e il reggente non vuole assumersi responsabilità. Il risultato è che a pochi giorni dall’inizio del campionato il Savona è senza terreno di gioco!
Iniziano febbrili consultazioni con i comuni del circondario per mettere la classica ”pezza” e i biancoblù si trovano a giocare prima a Finale, poi a Vado, poi a Loano senza avere la certezza di quale sarà il campo di casa per la gara successiva: viene trovato un accordo con Loano e per un periodo si giocherà nella cittadina rivierasca. La squadra non può non risentire di tutta questa incertezza: gli striscioni non vincono mai, solo pareggi e sconfitte. La situazione comincia a farsi calda, nonostante i proclami di tranquillità il Savona scivola velocemente sul fondo della classifica.
Con l’apertura del mercato di Novembre i nodi vengono al pettine: la società non è in grado di pagare gli stipendi e cominciano i “tagli”. Vengono mandati via giocatori che non saranno più rimpiazzarti, l’allenatore Pusceddu perde il posto a causa dei risultati e sarà sostituito da una “commissione tecnica” formata dal secondo Andrian e dal preparatore atletico Canepa. Nel contempo si scopre anche che Domenica Russo non è il proprietario del Savona: viene così chiarito il “misterioso” passaggio di consegne dell’estate. Il motivo di tanta riservatezza era dovuto al fatto che le parti non volevano che si scoprisse che, in realtà, il vero proprietario della squadra era un marittimo in pensione di Genova Sampierdarena: tale Giovanni Bonacina Gianazzi.
La notizia fa il giro della città in un attimo: Russo si presenta allo stadio scortato dalla Polizia e cerca un colloquio chiarificatore che ben presto degenera.
La tensione è alle stelle ma l’apice si raggiunge a Dicembre: nell’intervallo della partita tra Savona e Solbiatese Russo sputa addosso a un tifoso, provocando un finimondo facilmente immaginabile. La squadra reagisce alle tensioni esterne andando a perdere lo scontro diretto con il Vigevano per 5-1 e buttando via una vittoria già scritta (sarebbe stata la prima del campionato) contro l’Alessandria.
Attorno alla società girano persone di ogni risma: la figura più enigmatica di tutte è quella di Gianni Innocenti. Imprenditore fiorentino nel campo del turismo si presenta a Savona proclamando ai quattro venti di voler rilanciare la società, porta un allenatore dall’ottimo passato come giocatore (Marco Rossinelli) e anche un paio di rinforzi. Tutto sembra a posto: Russo è impossibilitato a restare sulla piazza, c’è il compratore e anche la città pare di nuovo disposta ad interessarsi delle sorti del Savona. La trattativa, però, va avanti fra esasperanti tira e molla e alla fine arriva ad un vergognoso e turbolento nulla di fatto.
La vicenda-stadio, nel contempo, continuava a tenere viva l’apprensione: contro il Borgomanero il Savona gioca ad Arenzano e all’arrivo al campo lo sconcerto è grande. Sul terreno ci sono 4 formazioni e due terne arbitrali! Oltre alle due di serie D, Genoa e Sarzanese vorrebbero giocare per la C femminile. Rapida scorsa alle prenotazioni e tutto si chiarisce: prima la D e poi le ragazze. Il Savona evita in extremis la sconfitta a tavolino… 15 giorni dopo la situazione non migliora un granchè: non c’è nessuno che sia disponibile ad ospitare i biancoblù e solo le tardive pressioni del Comune di Savona sui vicini di Vado permettono agli striscioni di avere un campo di gioco fino a fine torneo.
Ad un passo dal baratro e scossa dai continui sbalzi societari, per la prima volta nella stagione la squadra conosce una reazione di orgoglio: a metà Febbraio e dopo la bellezza di 23 partite giocate, il Savona riesce a vincerne una! Succede a Trino Vercellese, sul campo di una società che da lì a poco sarebbe andata in rapido disfacimento. Questo torneo, per la verità, a posteriori avrebbe conquistato la palma di uno dei campionati più irregolari mai disputati dal Savona: oltre agli striscioni, collassarono economicamente anche il Chiari, il Vigevano (che si sarebbe temporaneamente ripreso proprio a Febbraio), la Cossatese e il Trino (queste ultime due l’estate successiva si fusero con società delle vicinanze per evitare di sparire definitivamente).
Tutto ciò giocò a favore del Savona e del suo incredibile sogno.
In condizioni normali gli striscioni avrebbero conosciuto l’onta della retrocessione con tre o quattro mesi di anticipo sul termine della stagione, ma, come abbiamo visto, questo fu tutto tranne che un campionato normale. Pian piano la squadra cominciò a prendere coscienza che non sarebbe stato impossibile evitare gli ultimi due posti che costavano la retrocessione diretta.
La situazione societaria, però, era drammatica: i magri incassi coprivano a malapena le spese di affitto dei campi, i giocatori che venivano da fuori erano alla fame, la dirigenza alla macchia. In una condizione del genere era impossibile andare avanti, la squadra minacciava sciopero e abbandono e l’unico dirigente rimasto, Bonvicini, lanciò un appello: servivano 5.000 Euro per finire la stagione, altrimenti il fallimento era dietro l’angolo e con esso la cancellazione dai quadri federali. Il Savona visse uno dei periodi più angosciosi della sua lunga esistenza.
Per cercare di salvare il salvabile scesero in campo i tifosi: venne organizzata una colletta e la squadra potè andare a Chiari a giocare e vincere contro i ragazzini locali, mantenendo così intatte le speranze di salvezza. La società navigava a vista, raccogliendo le donazioni dei tifosi. Così non si poteva certo andare avanti per molto, infatti il 19 Aprile il tribunale fallimentare sancì la definitiva messa in liquidazione del Savona Calcio Srl. Moriva così la società creata sette anni prima da Benedetto Piro, ma assieme a lei non morì il patrimonio sportivo della città. Sportivi e tifosi si strinsero sempre più compatti attorno alla squadra e questa compì l’impresa di battere il Vigevano nello scontro diretto e lo agganciò sul penultimo gradino della classifica. Sembrava fatta, ma la domenica successiva si assistette alla disfatta di Alessandria: uno 0-5 che parve distruggere tutto quello creato fino a quel momento. Il Vigevano vincendo si riportò tre punti avanti agli striscioni a 90 minuti dal termine del campionato.
La prima domenica di Maggio è quella che pare debba condannare definitivamente gli striscioni all’Eccellenza: servirebbe un vero e proprio miracolo per evitare la retrocessione diretta. Dopo un’ora di gioco non si pensa neanche più a quello: il Savona perde in casa contro l’Orbassano e il Vigevano pareggia a Castelletto Ticino. Non bastasse ancora, il Savona sbaglia un rigore cinque minuti dopo il vantaggio ospite: la rassegnazione è dipinta sul volto di tutti. Gli ultimi 10 minuti, però, regalarono una girandola di emozioni difficilmente dimenticabili: il Savona pareggiò mentre la Castellettese andava in vantaggio con il Vigevano e all’89’ i biancoblù segnarono il gol del 2-1. Era spareggio per non retrocedere!
La sede prescelta fu Giaveno, nella quale gli striscioni si presentarono pieni di acciacchi ma seguiti da un buon numero di tifosi. La partita non fu bella però fu emozionante: i lomellini finirono in 8 ma nonostante ciò riuscirono ad arrivare ai calci di rigore. La stagione si decise quindi dal dischetto e lì i savonesi si dimostrarono assai più precisi degli avversari: quattro realizzazioni contro l’unica dei vigevanesi che si videro così condannati alla retrocessione diretta.
Il primo importantissimo paletto era stato piantato: l’essere arrivati ai playout potrà garantire il ripescaggio in caso di defezioni dalla serie D.
Il secondo turno degli spareggi-retrocessione vide i biancoblù impegnati contro quella Castellettese che aveva condannato il Vigevano. I ticinesi non fecero sconti: gli striscioni andarono fuori nonostante la vittoria casalinga e due prestazioni tutte cuore e abnegazione.
Ma l’impegno più importante era stato assolto: il titolo sportivo era stato salvaguardato e la nuova società che si sarebbe aggiudicata l’asta fallimentare non avrebbe dovuto ricominciare dalla Terza Categoria ma da un probabilissimo ripescaggio in serie D.
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2004-05
L’ultimo anno di Piro alla guida della società comincia presto, in estate, quando ancora ci sono delle concrete possibilità di ripescaggio a causa della disastrosa situazione del calcio italiano. I fallimenti si susseguono e anche i biancoblù avrebbero possibilità di essere riammessi nella categoria appena abbandonata. Dato che Piro aveva detto da tempo, a chiare lettere, che lui non aveva né la possibilità né l’intenzione di mantenere il Savona in C2, si forma una specie di “comitato di salvezza nazionale” che gli propone un affiancamento alla guida della società.
Sembra la volta buona: il Presidente nicchia, tentenna, ma non dice di no. Il gruppo, nel frattempo, comincia a preparare le carte da presentare in Federazione per entrare nella graduatoria dei ripescaggi. Sulle prime tutto sembra andare per il verso giusto: c’è la documentazione, ci sono le fideiussioni, c’è quello che ci deve essere; un brutto giorno (quello precedente i giudizi definitivi) a Roma si recano gli incaricati del Savona per portare gli ultimi documenti necessari e chiedono di controllare la cartella del Savona, in modo da fare l’ultima verifica. Il dossier è vuoto!
Il giorno dopo viene sancita la definitiva rinuncia del Savona alla C, in città si grida allo scandalo, il comitato che aveva promesso di appoggiare Piro se ne va sbattendo la porta, Piro si difende attaccando a tutto campo: ormai è veramente solo contro tutti.
La stagione sportiva inizia nel marasma più totale: non ci sono giocatori, non ci sono dirigenti, non c’è l’allenatore, non c’è niente. La squadra viene veramente messa assieme alla spera-in-Dio, con elementi pescati qua e là senza una logica. I tifosi cominciano una contestazione durissima con volantini, striscioni e soprattutto l’assenza dalle partite. E’ cominciato un braccio di ferro che culminerà, nel derby di Novembre contro il Vado, nel tentativo di sfondamento delle cancellate per aggredire fisicamente colui che fino a pochi anni prima veniva acclamato come un eroe.
La situazione di assoluta precarietà e improvvisazione si trasferiva anche in seno alla squadra: durante il campionato la panchina veniva cambiata ben 5 volte! La giostra Cavallaro, Mango, Taricco, di nuovo Mango e di nuovo Cavallaro dà chiaramente l’idea di cos’abbiano dovuto sopportare i giocatori. Poco alla volta, durante il campionato, arrivano elementi in grado di rendere la rosa, se non competitiva, perlomeno in grado di cercare di giocarsi la salvezza. I biancoblù hanno anche fortuna: durante l’anno si assiste al suicidio del Valle d’Aosta, della Novese e del Borgosesia, anche loro in piena crisi dirigenziale. Questo aiutava gli striscioni a coltivare qualche speranza di salvezza diretta, ma le ultime due giornate condannavano il Savona a giocare, per il secondo anno consecutivo, i playout.
Concluse con gli stessi risultati di 12 mesi prima, il ricordo delle due partite di spareggio contro il Versilia è più vivo che mai a causa di quanto accaduto al ritorno. Mentre il primo match si era chiuso a reti inviolate senza grossi patemi da una parte e dall’altra, la seconda partita vedeva i toscani andare in vantaggio a dieci minuti dalla fine della prima frazione: il Savona doveva segnare assolutamente un gol se voleva salvarsi.
Tutta la ripresa era ormai passata senza che i biancoblù fossero riusciti a fare breccia nella retroguardia ospite, mancava un minuto alla fine del recupero quando l’arbitro assegnava una punizione al Savona dai 25 metri, in posizione leggermente sinistrorsa rispetto alla porta toscana. Sulla palla si presentava Piovesan, l’unico in grado di dare potenza al tiro, anche se non aveva mai segnato in tutto il campionato; sul Bacigalupo scendeva un silenzio assoluto. Rincorsa di Piovesan quando mancano 16 secondi alla fine del match: tiro e cannonata che toglie le ragnatele dal sette della porta difesa da Salvadori!
Un boato disumano saluta la prodezza, i giocatori schizzano verso il pubblico, la gente si rovescia sui gradoni: chi a piangere di gioia, chi a tentare di evitare l’infarto causa l’emozione, chi avvinghiato in un abbraccio liberatorio. L’incubo è finito: il Savona è salvo, lo spettro dell’Eccellenza è scacciato. Ma i tempi grami non sono terminati…
2003-04
Questa stagione parte ancora peggio della precedente: dopo aver rifiutato, per un motivo o per l’altro, tutti i tentativi di appoggio ricevuti, Piro dichiara apertamente di non essere in grado di mantenere la società in C2, a suo dire a causa della scarsa sensibilità delle istituzioni e dell’imprenditoria locali.
La squadra viene quindi assemblata cercando di spendere il meno possibile e con quegli elementi che decidono di restare in biancoblù. Coppa e inizio campionato danno chiaramente l’idea di quali siano le falle nella compagine savonese: manca totalmente un centravanti e anche la difesa è troppo risicata per affrontare sfide di un certo livello. Il Presidente sulle prime fa orecchie da mercante, poi tenta di intervenire sul mercato con le poche forze economiche a disposizione.
La situazione non migliora di granchè: i biancoblù continuano a navigare nelle zone basse della classifica, giocandosi l’ultimo posto con Palazzolo e Sassuolo. Il Savona riesce a prendere un minimo vantaggio grazie alla vittoria esterna a Palazzolo, ma non c’è la continuità nei risultati e la squadra non esce mai dalla zona playout.
La stagione ruota attorno a tensioni pazzesche. Piro se la prende con tutti: tifosi, giocatori, Comune facendo esplodere conflitti assurdi che riescono solo ad alzare la temperatura a livelli parossistici e a provocare una netta divisione nella tifoseria fra i suoi pochi fedelissimi e un’ampia maggioranza che ormai lo vede come fumo negli occhi. In questo bailamme ci rimette soprattutto la squadra, che cerca di estraniarsi il più possibile da simili questioni, ma che, naturalmente, non riesce a restarne del tutto immune.
All’ultimo turno ci sarebbe addirittura una possibilità incredibile: vincendo a Legnano si metterebbero i padroni di casa nella condizione di partire nei playout in condizione di sfavore e agli striscioni basterebbero due pareggi nella doppia sfida per salvarsi… I lilla, però, non si fanno scappare l’occasione e si mettono loro nella migliore condizione possibile, raggiungendo a quota 41 Pro Vercelli e Montichiari: sono questi ultimi, però, a salvarsi direttamente in virtù della migliore classifica avulsa. I legnanesi se la vedranno di nuovo con gli striscioni.
Il fondo del Bacigalupo è in condizioni disastrose, anche se basterebbe poco per renderlo almeno decente. Per una settimana Piro parla di affittare un rullo compressore, almeno per spianare il terreno di gioco. Naturalmente non se ne fa niente e le due squadre sono costrette a giocare su una brulla steppa: lo 0-0 finale non è nient’altro che l’unico risultato possibile su un terreno del genere.
Il ritorno non viene neanche giocato a Legnano: in città c’è il Palio e la partita è spostata a Sesto San Giovanni. Il campo perfetto permette almeno di vedere del gioco, e i lilla passano subito in vantaggio; il pari savonese arriva attorno alla mezz’ora per merito di Peluffo. C’è ancora un’ora da giocare: i biancoblù attaccano con le forze che hanno a disposizione, i legnanesi tengono botta correndo anche dei rischi pazzeschi, come a cinque minuti dal termine, quando un difensore salva sulla linea a portiere battuto.
La fine delle ostilità vede l’amaro ritorno degli striscioni nell’inferno dei dilettanti: la favola del professionismo è durata solo due anni, quell’altra bella con Piro è finita da un pezzo.
2002-03
Nell’anno del trionfo non fu dato peso, al di là del lato umano, a un fatto molto grave che accadde a Piro: la morte, in un incidente stradale, dei due cugini che insieme a lui gestivano le attività al Nord. Benedetto Piro si trovò quindi solo al comando sia dell’attività imprenditoriale, sia di quella calcistica: due impegni estremamente gravosi se non affrontati con collaboratori validi e di fiducia.
Per quanto riguarda il calcio, poi, aveva preso determinati impegni con i tifosi, i quali si aspettavano che venissero, se non mantenuti, quantomeno avvicinati. I problemi, dalla parte sportiva, nacquero quasi fin da subito: in estate la squadra venne adeguata al nuovo campionato da disputare, con qualche innesto di spessore. Fece subito scalpore il fatto di essere stati inseriti nel girone del centro Italia: le trasferte parlavano di Fano, Gubbio, Gualdo Tadino, San Giovnni Valdarno, Montevarchi, addirittura Castel di Sangro, che è ai confini fra Abruzzo e Molise!
Questo girone presentava trasferte più da C1 che da C2: il fatto era messo ancor più in rilevo dall’avere nel proprio raggruppamento nientemeno che la Fiorentina! I viola in estate erano usciti con le ossa rotte da una storiaccia, che a distanza di anni ha assunto i caratteri della truffa, che vedeva coinvolto l’allora patron Vittorio Cecchi Gori. La Federazione prendeva atto del fallimento della società e la condannava a riprendere dal punto più basso dei professionisti: la C2, appunto. Per Savona sportiva sarebbe stato un doppio appuntamento con la storia: contro i biancoblù, infatti, i viola avrebbero ottenuto la matematica certezza della promozione. Ma questo avvenne alla fine.
Sul campo gli striscioni cominciarono veramente alla grande, i tifosi continuavano il loro splendido sogno, ma improvvisamente anche su di loro si abbatté una tragedia: mercoledì 9 Ottobre si gioca il recupero infrasettimanale della prima giornata, non disputata a causa di uno sciopero indetto dalla Lega di C per una questione di spartizione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell’immagine della serie C. Il Savona va a Gubbio, in notturna, ed è seguito in questa lunga trasferta da una cinquantina di tifosi. Al ritorno in città, alle prime luci dell’alba, uno di loro, Danilo Perachino, una delle anime degli Ultras, viene stroncato sotto casa da un infarto. Il dolore è grande, la partecipazione pure: la chiesa di Legino straripa di persone e anche la piazza antistante è colma di persone. Il giorno dopo i tifosi vorrebbero solo assistere a una partita di calcio giocata in onore di una persona che era sempre presente, mosso dal grande amore per questi colori. Fu così, ma il dopogara riservò altre amare sorprese.
Dopo il pareggio casalingo contro il Grosseto capolista il Presidente se ne uscì con un attacco frontale nei confronti di giocatori e tecnico; questi vennero accusati di scarso impegno, ma il grave è che queste accuse vennero fatte in sala stampa e non nel chiuso dello spogliatoio.
I tifosi erano sconcertati: cosa sta succedendo? D’accordo il carattere esplosivo, ma non si sta andando troppo oltre? La domenica successiva, trasferta a Castelnuovo Garfagnana. Partiti con molto ottimismo, i supporters biancoblù tornarono a casa con il morale a pezzi: la squadra non solo è stata umiliata sul campo, ma ha anche chiaramente dimostrato di non avere minimamente a cuore i colori. I più pessimisti cominciavano a parlare di stipendi non pagati, ma sembrava tutto impossibile.
Con uno di quei colpi di teatro che negli anni lo avrebbero reso famoso e imprevedibile, Piro scompaginò completamente le carte: venne annunciato l’acquisto di Marco Nappi! Il bomber ex Genoa e Atalanta era più che un pezzo da 90 per il livello tecnico del campionato, i sospetti di scarsa liquidità della società andarono a farsi benedire e l’entusiasmo tornò ad impossessarsi della tifoseria, che ormai sognava a occhi aperti.
L’esordio di Nappi nel Savona fu in occasione dell’incontro casalingo contro il Fano: un’ovazione di popolo per il biondo bomber, che segna anche il gol del 2-0 ed esce dal campo raccogliendo la standing ovation degli oltre 3.000 spettatori presenti sugli spalti. Il trionfo personale di “Nippo” sembra fare da prologo a una stagione ricca i soddisfazioni: la domenica precedente il Savona aveva anche raccolto la sua prima vittoria fuori casa, a Imola. Resterà l’unica del torneo. In realtà, oltre ai problemi finanziari finora non pressanti, cominceranno ad evidenziarsi anche quelli di tipo gestionale: Nappi mal si adatta al gioco del Savona e ancor peggio fa in coppia con Murgita, con il quale già aveva avuto una poco felice esperienza nel Genoa. Il Savona raccoglie pareggi, ma non riesce a vincere.
Nel frattempo ci sono grandi movimenti attorno alla società, imprenditori di vario calibro si interessano all’ingresso con quote nel Savona; però da parte di Piro, per un motivo o per l’altro, dalla disponibilità iniziale si passa alla chiusura totale man mano che i contatti avanzano. Questa situazione andrà avanti tutta la stagione e non contribuirà certo a dare tranquillità all’ambiente.
Alla quindicesima giornata arriva al Bacigalupo la Fiorentina. Lo stadio è colmo: approfittando del fatto che dal capoluogo toscano arrivano “solo” mille tifosi, i supporters savonesi vengono fatti entrar anche in gradinata, originariamente tutta riservata ai gigliati. Alla fine saranno ben oltre 6.000 gli spettatori che assisteranno alla vittoria della Fiorentina per 1-0: segna Riganò, che grazie alla sua militanza a Firenze si ritaglierà un finale di carriera in serie A. La partita viene seguita anche in diretta televisiva dai canali Rai: collegati dallo stadio ci saranno il sindaco di Savona, Ruggeri (il sindaco più bello d’Italia, secondo la definizione di Simona Ventura) e il cantante e tifosissimo viola Pupo. Per capire cosa voleva dire ospitare la partita con la Fiorentina quell’anno, basti pensare che ben più di una squadra aveva dovuto emigrare in stadi più capienti per riuscire a soddisfare tutte le richieste di biglietti che arrivavano…
La sconfitta interna contro i viola sarà il detonatore, in casa savonese, di una crisi che vedrà la squadra capace di una sola vittoria (alla terza di ritorno contro il Montevarchi) in cinque mesi! Naturalmente in classifica il Savona precipiterà come un piombo immerso nell’acqua e l’ultimo mese e mezzo di campionato verrà passato sudando freddo al pensiero di dover partecipare agli spareggi retrocessione. C’è ancora il tempo, però, per andare a vivere a Firenze, alla terz’ultima di ritorno, la festa promozione della Fiorentina: 30.000 persone fanno da cornice a un incontro in cui i biancoblù lottano finchè hanno fiato. Il primo tempo viene chiuso a reti bianche, ma la ripresa vede i viola scatenati nella rincorsa al traguardo del passaggio di categoria e per gli striscioni non ci sono più possibilità: 3-0 e gloria per tutti, vincitori e vinti.
Al Savona restavano le ultime due partite per evitare i playout: la vittoria casalinga contro il Gualdo serviva solo a presentarsi a Castel di Sangro con il vantaggio di poter usufruire di due risultati su tre; i padroni di casa, invece, dovevano vincere a tutti i costi. Erano una settantina quelli che affrontavano quasi 800 chilometri di trasferta per incitare gli striscioni. Il primo tempo è tragico: i sangrini andavano in vantaggio su autogol di Di Gioia ma i savonesi non riuscivano nemmeno a fare un tiro verso la porta di casa… La ripresa vedeva una squadra maggiormente motivata e il gol della salvezza arrivava da “Nippo” Nappi, forse la maggiore delusione di tutta la stagione!
Il Savona riusciva quindi a mantenere la categoria, dopo una serie di inenarrabili patimenti, con una situazione societaria tutt’altro che rosea e una rosa che, causa l’età avanzata di molti componenti, sarebbe stato necessario sfoltire radicalmente.
2001-02
A posteriori c’è da benedire il mancato ripescaggio dell’anno prima, ma solo a posteriori: a quei tempi si stramalediceva il fato e la tensione non faceva dormire la notte. Ad inizio stagione l’umore non era certo dei migliori, la piazza esigeva la promozione e queste aspettative non potevano certo influire positivamente sulla psiche dei giocatori.
La compagine dell’anno prima era stata mantenuta per i 2\3 e si erano cercati ulteriori acquisti di qualità. La volontà della società è assolutamente quella di salire di categoria, però il Presidente si lascia andare troppo spesso ad esternazioni che hanno sì risalto mediatico, ma anche attirano scarse simpatie verso il Savona da parte dei centri di potere calcistico. Una su tutte: l’attacco frontale al designatore arbitrale, che ha la malaugurata idea di venire a Savona il giorno dell’unica sconfitta casalinga degli striscioni… Le forze dell’ordine hanno il loro bel daffare per riuscire a fargli raggiungere incolume la zona chiusa dello stadio.
A differenza dell’anno precedente, l’attenzione è puntata tutta sul campionato. Il Savona gioca e vince, il pubblico risponde in maniera sempre crescente, ben presto si delinea una lotta a tre fra i biancoblù, l’Ivrea e la Canavese. In occasione della gara di andata contro gli eporediesi dall’attacco al fulmicotone al Bacigalupo si presentano 4.000 persone, il Savona vince 4-3 nonostante un arbitraggio “poco consono” e grazie a un primo tempo da favola. I tifosi sono carichi come delle pile, si aspetta da un momento all’altro la fuga decisiva. Come al solito, la realtà sarà ben diversa.
L’Ivrea non conosce ostacoli in casa e fuori e, dopo la sconfitta degli striscioni a Trino, i punti di distacco in classifica sono sette. In parecchi suonano già la messa di requiem, non la tifoseria che si stringe attorno alla squadra e le dà tutto il calore possibile. Intanto anche gli arancioni hanno il loro periodo-no e il Savona, pur non brillando, riesce a dimezzare il distacco. Si arriva allo scontro diretto di Ivrea con tre soli punti di svantaggio.
Sono 800 i tifosi biancoblù che di sabato, e in diretta televisiva, seguono i loro beniamini nella partita che può valere una stagione. L’incontro non è bello ma vibrante, il Savona gioca una gara di una perfezione tattica assoluta, il gol di Bracaloni non è altro che il logico sigillo alla prestazione di tutta la squadra. L’aggancio è compiuto! Ma non è finita: le restanti tre giornate riserveranno ancora sorprese…
Le due contendenti sono con il fiato corto: la lunga fuga e la lunga rincorsa hanno lasciato il segno nelle gambe dei giocatori. Alla penultima di campionato il Savona va a Borgosesia: vantaggio immediato dei locali, ma Di Gioia riesce a pareggiare. A dieci minuti dal termine il sogno pare definitivamente svanito: i granata sono nuovamente in vantaggio; Lamberti, entrato a mezz’ora dalla fine, con due colpi di bacchetta magica in tre minuti riporta sopra gli striscioni! A quel punto diventa frenetica la ricerca di notizie da Sanremo, dove gioca l’Ivrea. Al termine dei regolamentari i matuziani sono ancora sull’1-1. Però giocano 9 contro 11. Gli arancioni si lanciano in disperati assalti verso la porta di casa, ma non riescono a passare; nel frattempo passa il tempo. L’arbitro assegna il recupero: 7 minuti. La Sanremese resta in 8 perché anche i suoi uomini non sono di ferro: al terzo minuto di recupero l’Ivrea trova finalmente il gol-vittoria. L’arbitro fischia la fine delle ostilità con due minuti di anticipo. In campo si scatena il putiferio.
E’ palese che a Roma abbiano deciso che il campionato si dovrà decidere allo spareggio: l’ultima giornata, infatti, passa senza ulteriori sorprese o batticuore e si arriva al 19 Maggio. Mai decisione della stanza dei bottoni avrebbe potuto essere più felice: la pubblicità che verrà fatta alla serie D sarà indimenticabile.
Dieci anni e due giorni dopo la doccia fredda di Casale, lo stadio di Voghera è stracolmo di tifosi: da Savona si sono mossi quasi in 3.000 per non perdersi l’evento. I cronisti sono stupefatti dall’aver assistito alla caccia al biglietto ai botteghini ancora nelle ore immediatamente precedenti la partita. Soprattutto, i cronisti sono stupefatti dalla cornice di pubblico che assiste all’incontro. Il Savona è più in palla: si vede subito, nonostante l’importanza del match blocchi le squadre. Gli striscioni, forti anche del vantaggio psicologico dato dall’aver vinto entrambi gli incontri in campionato, costruiscono di più e un passo alla volta si avvicinano all’area avversaria. Al 30’ Sala insacca su assist aereo di Di Gioia. L’arbitro, con una decisione incomprensibile per lo stesso commissario arbitrale presente, annulla. Il Savona non si perde d’animo e continua a costruire; verso la fine del tempo vengono fuori gli eporediesi ma Iacono, in tutto l’incontro, non dovrà compiere neanche una parata.
La ripresa è come il film del primo tempo riavvolto a rovescio: subito un po’ di pressione dell’Ivrea, poi il Savona sempre più presente nella metà campo avversaria. La pressione dei biancoblù sale e al 30’ Bracaloni insacca da fuori area. Questa volta c’è una posizione di fuorigioco passivo che può aiutare a capire perché l’arbitro abbia annullato anche questo gol. Si riprende ancora sullo 0-0 ma gli arancioni sono groggy, in campo è rimasta una squadra sola. “Questa volta si sono veramente inc…ti” si commenta assistendo alla rabbiosa ripartenza biancoblù. Neanche due minuti: da Barone sulla sinistra a Piccolo, discesa di Piccolo sulla fascia che quasi dalla linea di fondo centra teso. All’altezza del primo palo, solo, arriva da dietro Bracaloni che di testa fulmina Maio. Questa volta non ci sono santi: il terzo gol è quello buono, è quello che riporta il Savona tra i professionisti dopo 16, interminabili anni!
Le scene di esultanza non saranno limitate all’invasione di campo non appena il Signor Lena fischierà la fine dell’incontro. Sarà un delirio, un’orgia di felicità che si spanderanno nell’etere con dichiarazioni incomprensibili alle varie radio e televisioni. Sarà la marcia trionfale che attenderà i pullman dei tifosi dal casello di Albissola a Piazza del Popolo. Sarà la festa organizzata su due piedi, e quindi la più bella di tutte le feste possibili, che accoglierà la squadra in Via Paleocapa e la accompagnerà fin sul palco di Piazza Sisto, dove giocatori, tecnici e dirigenti raccoglieranno il vero e proprio trionfo di popolo che i Romani erano usi a riservare ai loro grandi generali.
Il Savona in C2: un sogno mille volte cullato e mille volte infranto. Ma questa volta non era un sogno, era la pura e semplice realtà.
I giocatori che fecero l’impresa:
Portieri:
Ghizzardi, Iacono
Difensori:
Barone, Bertolone, Biffi, Bisio, Cappanera, Cocito, Contino, Delucis, Di Gioia, Ognjanovic, Piccolo
Centrocampisti:
Bracaloni, Cairo, Parisi, Peluffo, Perrella, Riolfo, Solari, Stella, Termine
Attaccanti:
Aloe, Gay, Lamberti, Lupo, Rossi, Sala, Tozzi Borsoi