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1910-11

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Come accennato, nonostante la sconfitta nella finale regionale il Savona (o meglio, la Fratellanza) venne ammesso a disputare la Seconda Categoria Ligure. A quei tempi i campionati si formavano “ad invito”, vale a dire che i dirigenti federali sceglievano in base a meriti sportivi e organizzativi chi poteva partecipare a quale torneo: non esistevano ancora criteri di promozione e retrocessione (ci arriveremo tra breve), per cui le scelte si basavano principalmente su pareri personali. Va anche detto che i dirigenti federali il più delle volte erano anche giocatori, arbitri e dirigenti delle loro rispettive società, quindi tendevano “a fare lobby”, come si direbbe adesso e ai neofiti venivano concessi spazi marginali. Quindi, essere stati chiamati a disputare il secondo torneo nazionale, creato in prima battuta per le squadre riserve delle formazioni più in auge, fu per i savonesi un gran passo in avanti a livello di considerazione sportiva. Soddisfazione che faceva il paio con quella di essere riusciti ad ottenere il primo campo sportivo vero e proprio: il 16 aprile del 1911, difatti, venne inaugurato il terreno di gioco preso in affitto dallo stabilimento delle “Distillerie Italiane”, che sarà il viatico per la successiva ammissione alla massima serie, con un’amichevole contro i campioni della Costa Azzurra dell’Herculis Monaco. I savonesi vinsero 9-1 schierando questa formazione: Tarò G.B., Capelli, Ghigliano, Borgna, Becco, Sguerso, Grossi, Rellino, Chauvez, Poggi, Visconti.
Ad ogni buon conto, il Savona si ritrovò per il secondo anno consecutivo in finale senza giocare neanche una partita, mentre la seconda squadra del Genoa eliminò quella dell’Andrea Doria nel concentramento cittadino.
Il primo (e ultimo) incontro ufficiale dei biancoblù fu una debacle pesantissima: 2-9 sul campo “neutro” dell’Andrea Doria (che, ricordiamolo, era adiacente a quello del Genoa).

1907-10

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Arriviamo al fatidico 1907: il “Cittadino” del 22 Giugno dà notizia che, due giorni avanti, su iniziativa dei signori Cesare Lanza e Nicolò Pessano era stata fondata la “Sezione Giuochi” della Fratellanza Ginnastica Savonese, che comprendeva il foot-ball, la palla vibrata (l’odierno pallone elastico) e il tamburello; e quattro giorni, dopo, il 26, la seconda notizia ufficiale dell’inizio degli allenamenti in Piazza d’Armi, allenamenti diretti da Baciccia Tarò, indiscusso massimo esperto cittadino del nuovo gioco. Tra il 1907 ed il 1908 l’attività della nuova squadra, che sceglie i colori biancoblu omologhi a quelli della Fratellanza (che li aveva preferiti, tanti anni prima, in omaggio alle maioliche albisolesi intitolate alla “Vecchia Savona”) disponendoli, però, in verticale, anzichè in orizzontale (come facevano del resto tutte le squadre di calcio per distinguersi, non tanto dai rugbysti perchè in Italia il gioco della palla ovale non era ancora stato importato, quanto proprio dai ginnasti), si svolse prevalentemente con gare amichevoli (avversaria preferita l’Andrea Doria: probabilmente il Genoa era considerato inavvicinabile) ed incontri estemporanei con avversari i marinai inglesi delle diverse navi in porto (si legge, infatti, di Savona-Vapore Sida; Savona-Team England; Savona-Vapore Grenmoor). I biancoblu si recano anche a Vado, sul campo di Leo, e nella cittadina confinante crescono i fermenti che porteranno, nel 1913, alla fondazione della società rossoblu (a Savona intanto il calcio prende piede: ci sono la Pro Savona, la Pio VII, nel 1910 si forma la Veloce e nel 1912 lo Speranza). L’anno fatidico, del vero ingresso dei savonesi nel novero del calcio italiano è però il 1910, allorquando il 24 Aprile sul campo di Piazza d’Armi, e poi a Genova sul campo della Cajenna in via Clavarezza (dove adesso sorge la gradinata Nord dello Stadio di Marassi) gli striscioni affrontano la 3a squadra dell’Andrea Doria, nella “finale” del campionato ligure di III categoria: le virgolette sono d’obbligo in quanto i doriani giunsero alla partita dopo un mini-girone cittadino contro la terza squadra del Genoa e lo Spinola. Alla vincitrice spettò la disputa del titolo contro l’unica altra formazione ligure affiliata alla Federazione: la Fratellanza Ginnastica Savonese, per l’appunto. Le cose non andarono bene e, dopo un primo pareggio per 1-1, i doriani s’imposero in casa con un perentorio 6-1. Ma, come si suol dire, ormai il dado era tratto e l’anno dopo i savonesi furono ammessi alla categoria superiore. Abbiamo la formazione di quelle partite: in più disponiamo dell’11 sceso in campo nel mese di Marzo, sempre avversari i doriani e che riportiamo in questa occasione. Becco, Poggi, Sances, Biacca, Grossi, Foschi, Tarò A., Morandi, Capelli, Ghigliano, Tarò G.B. In campo c’è già “Carlitto” Ghigliano, per 11 anni colonna del calcio savonese, poi fondatore dell’Albenga che, per ironia della sorte, vestirà la maglia azzurra (la nazionale italiana inizia il suo cammino proprio in quel maggio 1910, liquidando 6-2 la Francia all’Arena di Milano) nell’unica stagione disputata con la la maglia del Genoa (la “sudditanza psicologica” non solo degli arbitri, ma anche dei selezionatori della nazionale, esisteva anche allora).

Lo Sport Club e il “calcio ginnastico”

Il calcio a Savona non nasce nel 1907, anzi. Correva la primavera del 1893 (il Genoa Cricket and Athletic Club non era ancora stato fondato); il calcio in Italia, in maniera organizzata, si giocava soltanto a Torino grazie all’impulso del commerciante Bosio, che aveva raccolto un gruppo di svizzeri ed inglesi che al loro paese si erano già cimentati con la palla rotonda ed alcuni nobili, per i quali il nuovo gioco presentava lo stesso spirito d’avventura dell’andare in automobile oppure del tentare esplorazioni transoceaniche: c’erano il Duca degli Abruzzi, il conte Ferrero di Ventimiglia (discendente, pensate un po’, del salgariano Corsaro Nero), il conte Nasi, che da lì a poco si sarebbe imparentato con un certo Edoardo Agnelli. Ebbene: questa stravagante compagnia decise di organizzare una partita internazionale, sfidando una rappresentativa di marinai inglesi imbarcati su piroscafi in quel momento fermi nei porti di Genova e Savona. Le cronache scrivono che si giocò nell’entroterra di Vado Ligure (ma le nostre ricerche hanno individuato il terreno di gioco come quello della Piazza d’Armi di Savona, lungo Corso Ricci), la squadra di Bosio (progenitrice dell’Internazionale di Torino) vinse 2-1, allineando la seguente formazione: Beaton, Kilpin (quel Kilpin che, trasferitosi a Milano, avrebbe fondato il Milan), Dobbie, Lubatti, Schoenbrund, Pecco, Beltrami, Weber, Bosio, Savage, Nasi. Soltanto 5 anni dopo, fu fondata la federazione italiana football (FIF, progenitrice diretta dell’attuale FIGC) ed il 5 Maggio dello stesso anno si disputò il primo campionato italiano: quello famoso delle semifinali al mattino, finali al pomeriggio, primo scudetto al Genoa (erano i giorni delle cannonate di Bava Beccaris a Milano: primo campionato di calcio ed eventi sociali di quel tempo sono stati mirabilmente descritti da Franco Bernini, nel libro “La Prima Volta”). Il calcio italiano era partito, con cinquanta spettatori e 197 lire di incasso. Torniamo a noi: a Savona si cominciò quasi da subito a giocare al calcio, ed anzi, poichè per i primi anni esisteva una duplice strada, quella della FIF e quella della Federazione Ginnastica (che organizzavano campionati in proprio), sarà meglio chiarire le differenze che correvano fra le due opzioni.

Il “calcio ginnastico”

Con questo termine viene descritto il calcio che sottostava alle regole della Federazione Ginnastica, codificate nel “manuale Gabrielli” (dal nome dell’estensore: il maestro Francesco Gabrielli, bolognese di nascita ma rodigino d’adozione), che nel 1895 stampò il primo regolamento di cui si abbia conoscenza. Le differenze con il calcio tradizionale non sono poche, citiamo le più clamorose: le squadre potevano essere composte da un minimo di 11 giocatori fino a un massimo di 31 (per le “partite d’importanza”, che possiamo supporre fossero quelle ufficiali, veniva raccomandato il numero minimo); i tempi di gioco venivano fissati in 30 minuti, ma potevano essere incrementati previo accordo fra i due capitani; i quali capitani giocavano con un fischietto, che permetteva loro di segnalare eventuali azioni scorrette avversarie: solo se non c’era identità di vedute fra i capitani toccava all’arbitro redimere la discussione. In più, a bordo campo era prevista una giuria che aveva il compito di giudicare le capacità tecniche delle varie squadre prima di farle scontrare fra loro, in modo da evitare di far giocare partite troppo squilibrate.
Questo tipo di calcio fu molto “spinto” dalla Federazione, che già nel 1895 sollecitava le affiliate nelle varie città italiane a promuovere la “sezione giuochi all’aperto” nella quale si sarebbe dovuto comprendere “foot-ball, tamburello e palla vibrata”. Per le ultime due discipline non sappiamo, ma per quanto riguarda il calcio l’appello fu raccolto per lo più dalle società del Nord-Est italiano, tanto che fra le iscritte agli annuali concorsi nazionali troviamo squadre di Treviso, Udine, Padova, Verona, Vicenza, Venezia, Bologna e Ferrara. Il Nord-Ovest venne rappresentato più volte da Milan e Mediolanum per la Lombardia, Andrea Doria per la Liguria e la Ginnastica Torinese per il Piemonte. Poi fugaci comparsate di un anno per Alessandria, Cagliari, Napoli, Rieti, Ancona e Lissone.
Tutto ciò per quanto riguarda l’aspetto agonistico che metteva in palio (fino al 1913) il titolo di Campione Federale, mentre diverso fu il processo per le cosiddette “esibizioni”, quelle che ai giorni nostri chiameremmo “amichevoli”: non c’era praticamente città che non annoverasse almeno una Società Ginnastica e ben presto il calcio fece parte di quella serie di intrattenimenti (specialmente estivi) che i ginnasti erano soliti offrire ai loro concittadini.

Il “calcio tradizionale”

Va rimarcato come quasi tutte le società che partecipavano ai campionati ginnastici erano anche iscritte alla Federazione Italiana Foot-ball, la quale approfittava della cassa di risonanza data alla disciplina da parte della Federazione Ginnastica e, nello stesso tempo, dava ai propri affiliati la possibilità di “offrire un prodotto” (come si direbbe oggi) di più facile comprensione: tempi di gioco e numero di giocatori fissi, un arbitro che decideva in autonomia e non che mediava, nessuna giuria a bordo campo. Insomma, si seguivano i regolamenti dell’International Board, cioè quelli portati in Italia da inglesi e svizzeri, i veri “missionari” del foot-ball nello Stivale.

Tornando a Savona: il 4 giugno 1899 lo Sport Club Savona organizzò una partita dimostrativa fra due squadre sociali, divise fra rossi e blu: la vittoria arrise ai rossi, ma non se ne conosce il punteggio; il 18 giugno venne invece organizzato un incontro con la Ginnastica Sampierdarenese. Tratta da www.museosampdoria.com offriamo la foto delle due squadre: i savonesi in maglia rossa, gli avversari in maglia bianca, risultato finale un salomonico 1-1.

Qui di seguito la formazione dello Sport Club e la straordinaria cronaca della giornata sportiva.

Si può supporre che, essendo entrambe squadre affiliate alla F.G.I., seguissero le regole del “calcio ginnastico” ma naturalmente non c’è la certezza della cosa, anche se la formazione venne presentata sul “Cittadino” seguendo i dettami del “manuale Gabrielli”. C’è invece la certezza che i savonesi avessero cominciato gli allenamenti almeno otto mesi prima, visto che “La Gazzetta dello Sport” ne dà notizia il 10 ottobre 1898. Dopo questa prima fiammata, ne seguirono altre abbastanza sporadiche: si può pensare che la qualità del gioco (e dei giocatori) non permettessero altro che estemporanee partite di esibizione.
Ad ogni modo, quella del defunto Sport Club fu in assoluto la prima formazione calcistica cittadina, anche se non partecipò mai a nessuna competizione ufficiale. Nel primo “undici” di cui si abbia notizia, compare anche quel Gio Batta Tarò che sarà fra i promotori e il primo allenatore della sezione calcio della Fratellanza, nel 1907.

Gli stemmi

Non solo un “ovetto”…

L’attuale stemma del Savona viene comunemente chiamato “ovetto”, versione molto semplificata della corretta descrizione araldica: “ancile palato bianco e blu”, vale a dire scudo ovale a strisce verticali bianche e blu.
Ma lo stemma del Savona non è sempre stato un “ovetto”: il primo, e non avrebbe potuto essere diversamente, fu quello della Fratellanza Ginnastica Savonese

che “Lo Sport Illustrato”, nella sua celeberrima copertina di presentazione del campionato 1913/14, sintetizzò in modo sbrigativo in questo modo


Con la separazione dalla “casa madre” (avvenuta nel 1914) si ebbe la creazione del primo logo, che manteneva ancora il “marchio di fabbrica” della Fratellanza, cioè le strisce orizzontali:

Questo stemma rimase immutato fino al 1928, anno in cui lo Speranza fu forzato dalle autorità di regime a fondersi con il Savona, il quale mutò il proprio nome in Associazione Calcio Savona e di conseguenza ebbe anche un nuovo gagliardetto, molto “trendy” per i tempi:

Con il secondo dopoguerra lo Speranza tornò a rivivere e anche l’A.C. Savona non ebbe più ragione di essere, per cui si tornò all’antica denominazione di Savona F.B.C., con conseguente cambio di stemma. E qui arriva la svolta epocale: viene inventato il famoso “ovetto” che ci accompagnerà per quasi 60 anni, ecco la prima versione

Fino agli anni ’70, comunque, questo sarà il logo ufficiale ma non verrà utilizzato, preferendo una versione più tradizionale dei simboli della città : come si può vedere da un gagliardetto degli anni’60, vengono evidenziati lo stemma cittadino, la Torretta e il pallone. Tale impostazione verrà ripresa varie volte, tanto che spesso e volentieri il Savona veniva identificato con un’aquila o addirittura con solo lo stemma comunale.

Sarà all’inizio dei ’70 che il logo a “ovetto” prenderà piede, traendo spunto da quel simbolo coniato nel dopoguerra, ma l’impostazione rimase pressochè immutata nel corso degli anni, anche se venne rivisitata più volte lasciando sostanzialmente invariata l’idea di fondo

L’idea geniale viene a Bettino Piro, vulcanico presidente che a cavallo del nuovo secolo propone un nuovo nome (Savona Calcio) e uno stemma che rompesse totalmente con la tradizione:


L’impatto è clamoroso, la scelta grafica totalmente fuori dagli schemi ma a livello mediatico vincente: non per niente ancora oggi, nonostante il progetto di Piro sia fallito nel 2006, il Savona viene chiamato Savona Calcio. Quando si dice un’idea geniale: il logo è tornato ad essere un adattamento dei precedenti, il nome è tornato Savona F.B.C. ma l’intuizione è rimasta. In attesa di nuove idee….