Il 24 Maggio 1915 l’Italia è entrata in guerra, anche lo sport paga il suo prezzo. Il campionato è sospeso e la FIGC organizza la Coppa Federale, torneo al quale non partecipano, naturalmente, le squadre venete e che verrà vinto dal Milan. Per qualche strana gabola i rossoneri non vedranno mai riconosciuta questa vittoria e la Coppa resterà misconosciuta ai più.
Il Savona affronta le eliminatorie regionali con una squadra rabberciata causa le partenze per il fronte dei futuri Nazionali Ghigliano e Roggero, dei fratelli Sguerso e di Belzuino, ma confortato da una serie di ottimi risultati nel precampionato, iniziato con il 2-2 contro l’Andrea Doria e proseguito con le vittorie contro Alessandria (2-1), Acqui (6-0), Juventus (3-0) e Unione Sportiva Torinese (1-0). Così i giornali lodano le doti del portiere Verney, dei terzini Repetto e Capelli (con Bona prima riserva), della mediana composta da Capello, Tornero e Colombo e della linea d’attacco Brunoldi (che fungeva anche da allenatore)-Hurny-Gavoglio-Truffi-Roletti: per l’eliminatoria ligure a 3 (Andrea Doria, Genoa e Savona) si parte con grandi aspettative, “una squadra giovane e promettente” è la chiosa. Difatti…
Seconda giornata ed esordio a Genova contro il Genoa: risultato finale, Genoa 13 Savona 0. I cronisti presenti sono sconcertati: cosa è successo? Soprattutto perché fino alla mezz’ora il punteggio era inchiodato sullo 0-0. Facendo i dovuti calcoli, in un’ora i biancoblù hanno subito 13 gol, alla poco invidiabile media di uno ogni 4 minuti e mezzo!
Ma non sarà l’unico episodio incredibile del torneo: prima giornata e si parte subito con il derby. Il campo della “Cajenna” di via Clavarezza è stracolmo di spettatori, le squadre sono pronte, manca l’arbitro. Perché manca l’arbitro? Semplice, perché in Federazione si sono di-men-ti-ca-ti di designarne uno!! Si corre ai ripari facendo arbitrare l’incontro a un dirigente dell’Andrea Doria della cui specchiata onestà non si può dubitare (come sottolineano le cronache), però… però i doriani vincono 1-0 su rigore molto ma molto dubbio.
Torniamo al Savona: alla terza giornata arriva in via Frugoni l’Andrea Doria, e la squadra presa a pallonate all’esordio di Genova non esiste più. In campo è una battaglia senza esclusione di colpi, tanto cruenta che la tensione si trasferisce sugli spalti facendo scoppiare una gigantesca rissa, che si protrae oltre la conclusione del match e che richiede l’intervento della forza pubblica.
Alla quarta giornata c’è il derby di ritorno e i genoani chiedono ed ottengono (sembra fantascienza ma è tutto vero!) che la partita venga diretta da un loro dirigente, per compensare la gara di andata. Pare filare tutto liscio finché l’arbitro non espelle il fallosissimo Baglietto (stando ai commentatori del tempo, una specie di killer dei campi da gioco, che da questa espulsione “guadagnò” addirittura un anno di squalifica!) e i doriani, protestando contro la decisione, ritirano la squadra dal campo: sconfitta a tavolino, naturalmente.
Alla quinta giornata, in via Frugoni si gioca la gara decisiva per il girone: se vince il Genoa è matematicamente primo, se vince il Savona si riaprono tutti i giochi. Vincerà il Genoa 6-0 ma anche in questa partita non mancano gli spunti curiosi: alla fine del primo tempo, sullo 0-4, Verney raccoglie le sue cose e se ne va, offeso per le critiche ricevute dai compagni riguardo il suo comportamento in porta. Così facendo, però, lascia la squadra in 10 e senza portiere! Come rimediare? In porta ci si mette lo svizzero Hurny cavandosela egregiamente, molto meglio dello sdegnato (a torto) compagno di squadra.
L’ultima giornata, con l’inutile Andrea Doria-Savona, è alla fine anche l’unica nella quale si vede una partita di una certa regolarità: nel Savona conta la sua unica presenza il misconosciuto portiere Guglielmi (del quale non vi sono altre tracce), i savonesi sbagliano una miriade di palle-gol per la gioia dei doriani, che portano a casa un facile 5-1.
Si chiude così la stagione ufficiale, ma nel frattempo si stanno allungando le liste dei “caduti per la Gloria della Patria”, verrà Caporetto, la coscrizione dei “ragazzi del ’99”, la linea del Piave e fino al 4 Novembre 1918 per lo sport ci sarà ben poco tempo perché le priorità sono altre, tanto che durante la guerra sul campo di via Frugoni i prigionieri austriaci piantano patate.
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1914-15
Secondo torneo in Serie A e il campo di gioco di via Frugoni, sul terreno delle Distillerie Italiane, viene rimesso a nuovo. L’inaugurazione cade in corrispondenza dell’incontro Savona-Alessandria, finito 1-1 tra le proteste savonesi per il gol alessandrino giunto a tempo scaduto. A proposito di questa re-inaugurazione, un particolare svela come fosse organizzato il calcio in quei tempi: dopo gli interventi delle varie autorità locali e del presidente della squadra ospite, prese la parola il Cav. Valvassori in rappresentanza della FIGC. Terminato il discorso, scese in campo e diresse la partita, in quanto anche arbitro. Come se non bastasse, era pure dirigente della Juventus… Insomma, essere ammessi a partecipare al massimo campionato era un po’ come entrare in un circolo altamente elitario.
Qualche dato del rinnovato “stadio” che a quei tempi, a ragion veduta, chiamavano “campo”: posti a sedere 300; tribune in “peach pine” (pregiato legno americano usato soprattutto per gli arredi di bordo); posti in piedi indefiniti (finché si riusciva a far entrare gente non c’era problema); uno steccato a dividere il terreno di gioco dagli spettatori; misure del rettangolo di gara 100×55. E si era in Serie A…
Il 17 giugno 1914 la sezione calcio della Fratellanza, auspice il nuovo presidente dott. Truffi, si stacca dalla società ginnastica per fondare il Savona FBC. Non erano passati neanche 7 anni da quel giovedì 20 giugno 1907 nel quale veniva fondata la sezione foot-ball, ma il calcio aveva avuto una crescita di popolarità talmente travolgente da surclassare qualsiasi altro sport: anche per i nostri concittadini era arrivato il tempo di camminare con le loro gambe. Il Savona si batte con grinta e alla fine del girone di andata è nel gruppo delle 4 squadre che si contendono i due soli posti disponibili per le finali, ma le prime tre giornate del girone di ritorno fanno registrare altrettante sconfitte contro le dirette concorrenti (Andrea Doria, Genoa e Alessandria) e i biancoblù si devono accontentare di un onorevole centro classifica.
1913-14
Il primo anno di Prima Categoria (Serie A) vede il Savona impegnato a cercare di evitare l’ultimo posto, che equivaleva alla retrocessione.
Il girone d’appartenenza era quello “A” ligure -piemontese comprendente il Casale (che alla fine si sarebbe laureato, per la prima e unica volta, campione d’Italia), il Genoa, la Pro Vercelli, il Torino, l’Alessandria, l’Andrea Doria, la Vigor di Torino, il Piemonte di Torino e il Liguria di Sampierdarena. L’esordio si verificò a Casale, proprio nella tana dei futuri campioni d’Italia in occasione dell’inaugurazione del loro nuovo campo sportivo, il 12 Ottobre 1913 (e l’esperienza ebbe la meglio: 4-0 per i nerostellati). Ecco, di seguito, gli undici savonesi esordienti nella massima serie: Conti, Ghigliano, Capelli, Roggero, Becco, Sguerso, Belzuino, Noceti, Eula, Hurny, Saccarello.
Era in campo Rinaldo Roggero, in seguito “l’ala più veloce”: l’unico savonese ad avere giocato in nazionale (Olimpiadi di Anversa 1920: Italia-Norvegia 2-1. Con lui esordì Virginio Rosetta, il grande difensore della Juventus dei cinque scudetti, campione del mondo 1934) indossando la maglia biancoblu: l’unica del resto indossata da Roggero, oltre a quella azzurra, nel corso della sua carriera. Roggero avrebbe poi rivestito più volte ruoli dirigenziali nell’ambito del sodalizio: come direttore tecnico ebbe un ruolo determinante nella promozione in Serie B, ottenuta al termine della stagione 1939-40.
Torniamo però al campionato 1913-14: alla fine, nono posto per gli striscioni, con 3 vittorie, 3 pareggi, 12 sconfitte, 27 reti segnate e 57 subite.
L’obiettivo è raggiunto abbastanza tranquillamente, anche se l’inizio è traumatico: 16 gol subiti in quattro partite, però alla terza giornata è giunto l’1-1 casalingo contro il Genoa.
1912-13
L’attività ufficiale del Savona è cominciata ormai da 5 anni, ma le partite sono poche e mal descritte. Il calcio è alle prime armi e nelle rubriche sportive compare dietro a ciclismo, canottaggio e altri vari sport tra cui il tiro alla fune…
Il 1912 rappresenta la stagione del lancio definitivo: al sedicesimo anno di vita, il campionato nazionale ad “inviti” basati su giudizi personali cominciò a suscitare malumori e perplessità anche nei massimi dirigenti federali, i quali si rendevano conto che l’interesse generale verso il loro sport andava aumentando sempre più e la Federazione avrebbe dovuto capitalizzare al massimo questa crescita di popolarità. Si arrivò quindi al progetto Faroppa-Valvassori, che per la prima volta ipotizzava di creare un meccanismo di promozioni e retrocessioni fra le categorie, con il conseguente spostamento delle formazioni B e C delle squadre di Prima Categoria in un apposito campionato riserve. Per iniziare ad allargare i quadri la Federazione decise di far disputare apposite eliminatorie fra le squadre che godevano di determinati requisiti tecnici ed organizzativi: primo fra tutti possedere un terreno di gioco recintato (in modo da poter far pagare il biglietto d’ingresso) di dimensioni non inferiori a 90 x 45. Giusto un anno prima il Savona aveva preso in affitto il campo di via Frugoni…
Nel 1912, infine, la sezione Foot-ball della Fratellanza aveva redatto un suo regolamento interno, primo passo per la creazione di una società calcistica autonoma.
Il Savona passò il primo test di qualificazione superando per 3-1 il Como sul campo “Juventus” di Torino, ma cadde nella finale interregionale contro il Libertas Milano (0-1), che così potè partecipare al massimo campionato per la stagione 1912-13. Ai savonesi restò la strada del campionato regionale, composto da “ben” 3 squadre: Savona, Liguria e Forza e Virtù di Novi Ligure, aggregata in quanto più comoda a livello di spostamenti rispetto al campionato piemontese. Del torneo si sa poco, se non che i biancoblù strapazzarono ben bene sia i novesi che i genovesi, ma persero inopinatamente all’ultima giornata e per ottenere il salto di categoria si dovette giocare lo spareggio, che si disputò a Genova fra Liguria e Savona: per quella partita, però, i savonesi dovettero rinunciare all’apporto di Poggi e Hurny vedendosi di fatto dimezzato il loro potenziale offensivo. Approfittando dello stato delle cose e ribaltando un pronostico che sembrava segnato, i ligurini vinsero per 1-0 nei tempi supplementari.
Nel corso della stagione, il Savona ben si comportò nelle numerose amichevoli disputate contro squadre di I categoria e quando fu deliberato di allargare i ranghi della massima serie, avendo anche perso addirittura due spareggi di qualificazione, i savonesi vennero accettati a far parte delle squadre di élite proprio grazie alle ottime (e sfortunate) prestazioni dei mesi precedenti.
1911-12
La formula del torneo non si discosta dalla precedente, con le seconde squadre delle formazioni di “Serie A” nettamente favorite nei confronti delle altre, anche perché per le partite più importanti potevano contare su qualche innesto mirato dalla formazione più titolata.
La finale, come l’anno prima, è fra il Genoa II e la Fratellanza, sempre e solo unica squadra di calcio in tutta la Liguria al di fuori di Genova. A questo giro, per un pelo i biancoblù non fanno uno scherzo ai più titolati avversari: dopo aver vinto la prima partita 3-2, soccombono nella rivincita 3-1. Serve la bella, che però finisce in parità: 2-2; si va alla quarta partita e i genoani “di riserva” la spuntano 3-1.
Nota di colore: stando alle scarne cronache dell’epoca, le partite si giocarono tutte sotto piogge torrenziali, che trasformarono i già precari campi dell’epoca in autentici acquitrini.