E’ necessario chiedere scusa ai nostri lettori se tenteremo, in ogni caso, di descrivere la situazione materiale della vita quotidiana al termine della seconda guerra mondiale: chiediamo scusa perché è impossibile rendere conto, tanto più in una piccola storia di sport come la nostra, di ciò che sono state le devastazioni, le privazioni, i drammi vissuti in quell’epoca. Cosa ha significato vivere in città distrutte, con le persone più care lontane ed uccise, passare i giorni nella paura delle bombe che cadevano dal cielo: eppure alla fine di tutto questo, c’era voglia di ricominciare, c’era da ricostruire, da riprendere la vita di tutti i giorni; sport compreso.
Savona, come tante altre città italiane, si trovava in questa situazione: tante case distrutte, macerie dappertutto, il porto e le fabbriche in gravi difficoltà
Eppure si ripartì: il sogno della libertà raggiunto, in pochi mesi il compimento della democrazia (il voto alle donne, le elezioni amministrative, la scelta tra Monarchia e Repubblica), la ripresa della produzione negli opifici dove gli operai avevano salvato le macchine dalla razzia del nemico.
Lo sport riprese subito: tutti gli sport, il calcio in prima fila. A Luglio 1945 si ricostituì lo Speranza, che il passato regime aveva distrutto, ed anche il Savona FBC riprese il suo cammino.
Dire che furono fatti dei sacrifici è dir poco: le prime trasferte furono affrontate grazie ad un camion militare, messo a disposizione dagli sportivissimi Salvi e Madini, sul quale si legava le sedie del Bar Splendid e via: magari a spinta su per il Montezemolo, come racconta Nico Del Buono in un suo gustosissimo calembour pubblicato sul libro di memorie “Il tempo di Giuan”.
Tutto lo sport italiano è in ripresa: sono tempi in cui calcio e ciclismo sono testa, a testa, dal punto di vista della popolarità. Il football vive la stagione di una grande squadra, il Torino invincibile; il ciclismo quella di una rivalità i cui echi sono ancora ben vivi nella memoria di tutti e che ha rappresentato un punto fermo nel costume italiano: quella tra Bartali e Coppi.
Torniamo alle vicende del Savona FBC, per presentare subito un personaggio che, davvero, è stato fondamentale in tutta la storia del sodalizio biancoblu: Stefano Del Buono. Già giocatore e dirigente nell’anteguerra, Del Buono è l’uomo che risolleva le sorti della società nei giorni immediatamente seguenti la Liberazione. Nei primi anni della sua diretta attività non assume la carica di Presidente, che poi terrà per lunghi anni nei ’50 e ’60: preferisce l’incarico di “vicepresidente tecnico”, affidando a imprenditori disponibili la massima carica sociale: prima Isidoro Bonini, che sarà in anni successivi presidente dell’IRI, poi l’ing.Dotta, titolare di una grande fabbrica che sorgeva dove adesso sono i giardini di San Michele.
Del Buono è un fine tessitore, riesce a coagulare attorno alla società tutte le forze vive della Città: imprenditoriali, commerciali (i due albergatori più importanti Monti e Peluffo saranno tra i principali sostenitori), istituzionali ed un grande orchestratore del calcio-mercato, già molto vivo all’epoca.
Il suo primo colpo si chiama Valerio Bacigalupo: il grande portiere che ha giocato il campionato di guerra in prestito al Genoa, è ceduto al Torino per 90.000 lire (e quattro palloni) dopo un incontro al Bar Splendid tra Del Buono e Ferruccio Novo, mediatori Vittorio Pozzo ed Egri Erbstein.
Nella trattativa ci sta anche un’amichevole tra granata e biancoblu.
La partita si disputa il 23 Settembre 1945 e rappresenta, praticamente, la ripresa del grande calcio a Savona.
Il Torino si impone per 7-0 allineando questa formazione: Bacigalupo (Bodoira), Piacentini, Maroso, Castigliano, Gianmarco, Rigamonti, Guaraldo, Loich, Zecca, Mazzola, Ferraris II.
Il Savona, allenato da Felice Levratto, schiera: Pendibene (Caburi), Vignolo, Varicelli (Tomei), Lamberto (Ghersi), Zorzin, Calcagno, Ghiglione, Bacigalupo V, Cappelli, Dodi, Labbate.
I campionati non sono ancora strutturati su base nazionale, lo impediscono le condizioni delle strade e delle ferrovie: la Serie A è suddivisa in 2 gironi (Nord e Sud); la Serie B, in 3, ed al girone A partecipano gli striscioni.
Si tratta di un campionato di transizione che vede, alla fine, la squadra classificarsi al decimo posto, mentre è l’Alessandria a dominare e a raggiungere la massima divisione. A fine campionato si disputa la Coppa Alta Italia: il Savona si classifica secondo nel suo girone, a un solo punto dalla Sampierdarenese ormai prossima alla fusione con l’Andrea Doria.
La squadra savonese è composta, in gran parte da elementi locali, fra i quali spiccano alcuni dei protagonisti delle luminose stagioni a venire: Gino Vignolo, Ciccio Varicelli, Gino Ghersi, Giovanni Cappelli. In particolare evidenza si pone il centromediano Zorzin che, successivamente, calcherà i campi della serie A con Milan, Triestina e Padova.
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1942-43
Savona si trovava in una posizione geograficamente molto delicata, e le vie di comunicazione quasi completamente distrutte.
Eppure in quel trambusto, il Savona trovò la forza di lanciare quello che sarebbe diventato un mito assoluto del calcio italiano: Valerio Bacigalupo, il futuro portiere di quel “Grande Torino” cui abbiamo già accennato.
Valerio, fratello d’arte (altri cinque Bacigalupo hanno calcato le scene calcistiche: tra di loro un altro protagonista dei massimi scenari, anche lui portiere, quel Manlio che aveva difeso i pali di Torino, Sampierdarenese, Genoa e Venezia), ultimo prodotto dell’Università del Calcio vadese, poi passato alla Cairese, fu lanciato giovanissimo (classe 1924) e protagonista di un grandissimo campionato, preludio di una folgorante carriera, poi interrotta tragicamente nel rogo di Superga. L’esordio in serie B di Valerio avvenne in occasione della trasferta sul campo della M.A.T.E.R. (acronimo di Gruppo Sportivo Motori Alimentatori Trasformatori Elettrici Roma), alla prima giornata di campionato: due rigori parati, giusto come biglietto da visita…
Oltre ai lutti provocati dalla guerra, il Savona dovette subire anche la perdita di Lino Morchio: il forte terzino venne colpito da peritonite al ritorno dalla trasferta di Modena e, nonostante le cure mediche, si spense in pochi giorni. In quella disgraziata stagione non ci fu soltanto il “lancio” di Bacigalupo, altri giovani savonesi trovarono la strada dell’esordio ed alcuni di questi sarebbero poi stati protagonisti del Savona della rinascita, nella seconda metà degli anni’40 come Luigi Dodi , Giulin Siccardi e l’altro grande portiere Pendibene.
Del resto andare in trasferta diventava un’impresa: le linee ferroviarie erano sottoposte a bombardamento e quando si riusciva ad arrivare sul campo dell’avversaria c’era già la preoccupazione di come fare a tornare indietro.
Il regime faceva continuare il torneo per scopi propagandistici, nella speranza di creare l’illusione che la vita continuasse a svolgersi regolarmente, ma ad Aprile il Palermo si ritirò dal campionato perché con l’anno nuovo gli Americani avevano cominciato a preparare lo sbarco in Sicilia e i rosanero da Gennaio non avevano più avuto la possibilità di ospitare le gare casalinghe.
Iniziato il torneo con una squadra molto giovane ma agguerrita, il Savona si difese con onore fino a Marzo; poi vennero 8 sconfitte consecutive che condannarono gli striscioni all’ultimo posto con la peggiore difesa e il peggiore attacco, ma le retrocessioni furono congelate a causa delle vicende belliche. I campionati successivi non si sarebbero disputati fino al termine del conflitto.
1941-42
Il primo campionato sotto le bombe comincia tardissimo, il 26 ottobre, e finisce addirittura il 12 luglio.
Il Savona si salva con molto anticipo, però lo sport diventa sempre più difficile da praticare: la trasferta di Bari viene affrontata con soli 10 giocatori, gli spostamenti sono via via più complicati. Si stringono i denti e si cerca di continuare senza pensare alla situazione contingente.
I tempi si erano fatti molto difficili, la squadra era stata sì rafforzata da alcuni acquisti di prestigio come Buscaglia ed il mediano Venturini, ex di Spezia e Genoa, che poi sarebbe rimasto nella nostra città come impiegato dell’Ufficio Tecnico Erariale, lo jolly Zanni.
All’inizio il rendimento della compagine apparve all’altezza delle ambizioni: poi fuggì l’allenatore Orth, allontanatosi dall’Europa (destinazione il Messico) perché timoroso delle persecuzioni razziali (pare che la moglie fosse ebrea); la squadra fu affidata a Tomasi. Sul finire della stagione, con 4 risultati utili consecutivi (contro Udinese, Fiumana, Lucchese e Novara), la salvezza venne conseguita in anticipo, tanto da potersi permettere di schierare in porta il 17enne De Alessandri.
1940-41
Il ricordo delle bombe che esplodono sovrasta qualsiasi storia si voglia raccontare degli anni tra il 1940 ed il 1945: siamo nel periodo della più immane tragedia della Storia. La seconda guerra mondiale travolge tutto e tutti, popoli e paesi: uno sterminio totale, la morte della ragione, la banalità del male come ha scritto Hannah Arendt.
Non tocca certo a noi, in questa sede, ricostruire quella storia, dal piccolo punto di vista di una piccola città di provincia e delle vicende della sua squadra di calcio.
Anche noi, però, Savona e la sua squadra, siamo stati parte di quella tragedia che ci ha toccato in profondità, distrutto case, ucciso persone che ci erano care e restano nella memoria, coperto di vergogna chi si è macchiato di colpe non misurabili con il comune senso della distinzione del bene e del male, offerto l’occasione del riscatto per quanti hanno saputo battersi per la causa della libertà, della giustizia, del ritorno alla vita.
Eppure, dentro questa vicenda epocale, dentro questo percorso al termine del quale – davvero – nulla è più stato come prima, c’è stato posto anche per il calcio.
Anzi, il calcio, è stata una delle espressioni della vita quotidiana che, in Italia, ha fornito a tanti l’illusione di una normalità, di una normalità che c’era, di una normalità che sarebbe ritornata. Il calcio va avanti, insomma, per motivazioni sociale e culturali ben più profonde dell’imposizione del regime di fare in modo che appaia come “tutto va ben madama la marchesa”.
La stagione 1940-41, la prima nella cadetteria, è la migliore dell’intera storia centenaria della nostra società.
L’ingegner Noceti fa le cose in grande: ingaggia come allenatore l’ungherese Gyorgy Orth, un mago della panchina che negli anni ’20 è stato, in campo, uno dei grandi maestri della scuola danubiana. Orth è un ginnasiarca convinto, usa metodi innovativi nella preparazione fisica, tiene molto alla disciplina dentro e fuori dal campo: ha a disposizione una squadra esperta, con molti giocatori provenienti dalla serie A, fra i quali spicca il regista ex-juventino e romanista Tomasi, la mezz’ala ex-Lazio, Alessandria e Liguria, Riccardi, gli ex-milanisti Bolla, Gianesello e Martini (quest’ultimo un portiere che passerà alla storia: in quella fatidica stagione segnerà due reti. Una su rigore, all’ultima giornata all’Alessandria e l’altra, da porta a porta, nel vento di corso Ricci, beffando direttamente su rinvio il collega Erbinovi del Siena).
Insomma: per farla breve, il Savona si trova in lotta per la Serie A, con Liguria (la denominazione assunta dalla Sampierdarenese, dopo il subentro dell’Ansaldo come principale finanziatore), il Modena dei fratelli Sentimenti, il Brescia.
Tale è la situazione fino al 22 Maggio 1941, allorquando i “canarini” emiliani sono di scena in Corso Ricci. Ma il giorno precedente la storia si è ammantata davvero di “giallo”: il mistero resta fitto ancora oggi ad oltre sessant’anni di distanza e a noi non resta che raccontare le voci che poi sono circolate, nell’ambiente, per tanti anni.
Nel frattempo il sodalizio savonese era rimasto senza presidente: l’ing. Noceti era partito per il fronte russo, ed i dirigenti rimasti sembrava fossero molto spaventati dalle eventuali spese da sostenere per affrontare la Serie A.
Dunque: il sabato pomeriggio precedente alla fatidica sfida con il Modena, i giocatori gialloblu si recano al Cinema Reposi tutti assieme per ingannare l’attesa del match (era usuale, all’epoca, e lo fu fino agli anni ’60, il rito delle squadre che, al sabato pomeriggio, per ritrovarsi si recavano al cinema. Pensate un po’ cosa accadrebbe adesso, se, in pieno centro di una grande città, tutti i giocatori dell’Inter, del Milan, della Juve o della Roma si trovassero assieme in una sala: per tenere l’ordine pubblico ci vorrebbero i marines).
Ma torniamo al buio del “Reposi” (in via Paleocapa, adesso c’è l’ingresso dell’Intesa San Paolo) quel sabato pomeriggio; pare che un emissario del Savona, protetto dalle tenebre, abbia incontrato i dirigenti del Modena e, detto papale papale, si sia venduto la partita dell’indomani.
Storia o leggenda? Ai posteri…. Fatto sta che il Modena piegò per 1-0 un Savona spento ed affaticato, segnò l’uruguayano Banfi, un centravanti possente ma lento che fece un figurone, al punto da convincere gli osservatori della Juve ad acquistarlo, rivelandosi poi in bianconero un classico “bidone”.
Che quel Savona non fosse , quel giorno, il solito Savona fu dimostrato tre giorni dopo: sempre in corso Ricci si giocò la sfida con il Liguria, dominatore del campionato, ed i biancoblu strapparono una vittoria di grandissimo prestigio, grazie ad una rete di Tomasi.
Alla fine furono Liguria e Modena a salire in Serie A (le promozioni erano soltanto due) e la grande occasione sfumò definitivamente.
Bisogna però anche tenere conto di altri fattori: dopo domenica 4 Maggio il campionato si fermò per la Coppa Italia (il Savona venne eliminato a Livorno), riprendendo il 18. Al Savona toccò la trasferta più disagevole (siamo nel 1941 in piena guerra!) dell’intero torneo: a Macerata, per poi tornare di corsa a casa perché al giovedì ci sarebbe stato l’incontro-clou contro i “canarini”. Il Modena, dal canto suo, era già stato eliminato dalla Coppa Italia, in più ebbe la partita del 18 contro il Siena rinviata all’8 giugno e quindi si presentò all’incontro molto più fresco. Potrebbe essere stato solo l’accumulo della tensione e della stanchezza a incidere negativamente sulla prestazione dei biancoblù? Ulteriore punto da chiarire: il Liguria che venne battuto pochi giorni dopo aveva già ottenuto la promozione matematica, quindi la sconfitta (al di là dei motivi di campanile) per i sampierdarenesi lasciava il tempo che trovava.
Ricordiamo , allora, l’intera rosa di quella fatidica stagione: portieri: Martini e Caburi; difensori: Traversa, Rosso, Morchio, Bodini; centrocampisti: Sandroni, Tomasi, Riccardi, Pomponi, Puccini, Dutto. Attaccanti: Vaschetto, Ferrara, Bolla, Gianesello, Comini, Imberti.
1939-40
Il campionato comincia con una svolta storica: con una disposizione rivoluzionaria la FIGC stabilisce che i giocatori indossino i numeri sulle maglie! Non se li toglieranno più.
Per il Savona, finalmente, al quarto tentativo e dopo 10 anni di campionati di vertice, arriva la tanto sospirata promozione in B!
L’ingegner Noceti, presidentissimo, ingaggia come allenatore l’ennesimo ungherese, Harpad Hajos (uno specialista in promozioni) affiancandolo al direttore tecnico Rinaldo Roggero, che avrà come vedremo una parte rilevantissima nella promozione e rinforza la squadra con alcuni ottimi giocatori: l’imperiese Piana (un’aletta tutto pepe, che sarà vice-campione d’Italia con il Livorno alle spalle del grande Torino), il centravanti Vaschetti (il primo “centravanti alla Hidegkuti” all’italiana, nella Salernitana 47-48 con Gipo Viani in serpa), l’altro attaccante Gé (altro tipo dal futuro in serie A: Atalanta e Genoa), gli ex-torinisti Cozzi e Pellegrino.
Inoltre a gennaio, arriva un cannoniere di antico pelo: Borel I, fratello maggiore del “Farfallino” della Juventus dei cinque scudetti ed egli stesso, in passato, “puntero” dei bianconeri oltre che di Palermo, Fiorentina, Casale, Novara. Insomma: un autentico uomo di esperienza che in 15 partite segnerà 9 goals.
Il Savona strappa il successo nel girone dopo una durissima lotta con la Cavagnaro – ex Sestrese – (42 punti a 40), mentre il Vado si classifica al tredicesimo posto, sopravanzato dalla sorprendente Albenga: nona. Il torneo è nuovamente monco perchè prima dell’inizio stavolta si ritira l’Imperia, ma torniamo al Savona e raccontiamo le finali.
In lizza ci sono: l’eterna Reggiana, il Taranto e lo Spezia. I posti in palio sono due: destinazione Serie B.
Il Savona esordisce col botto: 3-0 a Taranto (doppietta di Vaschetto e Pellegrino), poi (il 9 Giugno: un giorno quasi fatidico) lo Spezia di Camerario, Englaro, Diotallevi strappa lo 0-0 in Corso Ricci.
Il 10 Giugno l’Italia dichiara guerra a Inghilterra e Francia e nella prima mattina del 13 i transalpini sottopongono subito la città a un pesante bombardamento navale: dal porto di Tolosa sono partiti 4 incrociatori e 11 cacciatorpedinieri, supportati da un piccolo contingente aereo. Divisi in due squadre risalgono indisturbati tutta la costa cannoneggiando la Riviera da Ventimiglia a Genova. Solo a Savona i morti sono 6 e, nonostante l’oscurità, vengono centrati tutti gli stabilimenti e i depositi di carburante.
Le difese approntate dalle forze armate italiane per la salvaguardia del territorio si dimostrarono, fin da subito, totalmente inadeguate. Per la popolazione fu un vero e proprio choc: la propaganda aveva sempre fatto credere che l’esercito francese fosse in rotta completa…
Tre giorni dopo la città cerca di dimenticare e lo fa con la partita contro la Reggiana, che allinea tra i pali quel Satiro Lusetti che compirà, poi, gran parte della sua carriera tra i pali della Sampdoria: sarà solo 0-0. Poi è il Taranto giocare sotto la Torretta: ed è un trionfo. 8-0, una goleada storica (doppiette per Piana, Vaschetto e Sandroni. Completano Morchio e Buggi).
Ed eccoci alla scena-madre. Teatro l’Alberto Picco di La Spezia, sempre eguale a quello di oggi. Serve un pareggio ed è 1-1 fino all’88’, quando Rallo spezza l’incantesimo e pare far pendere la bilancia dalla parte degli aquilotti.
Il Savona è in 10, si è infortunato Borel e all’epoca non sono consentite sostituzioni (toccherà aspettare gli anni ’70 per modificare questa regola per i giocatori di movimento. Per i portieri, invece, il cambio sarà previsto nella stagione 65/66).
Roggero d’impeto spinge, letteralmente, l’ex-juventino in campo zoppicante: Borel (corre il 90′ e all’epoca l’arbitro non aveva l’obbligo di comunicare il tempo di recupero) si impadronisce della palla e, come per liberarsene, inventa un gran tiro che beffa Camerario. Il 2-2 vuol dire Serie B: ininfluente, poi, la successiva – solita – sfortunata sconfitta di Reggio Emilia (2-0).
Gli aquilotti termineranno il girone a pari punti con il Savona e saranno eliminati per la peggiore media gol (reti realizzate diviso quelle subite), ma poi verranno ripescati al posto del rinunciatario Palermo.