Il torneo 60-61 nacque tra grandi promesse.
L’attacco era stato rinforzato dal trio Mino Persenda, Bianco e Negri (questi ultimi due, giocatori di vera esperienza nelle categorie superiori, mentre Mino tornava dopo brillantissime stagioni a Spezia e a Lucca), mentre per irrobustire il centrocampo era stato ingaggiato dal Piacenza, il “super” cursore Pierino Cucchi, un altro che lascerà il segno nella storia.
Le prime giornate fecero sognare un Savona da primato: fu la solita Entella a bloccare gli striscioni, tra le mura amiche, con un pareggio – al solito – a tinte gialle (2-2). Poi le sconfitte di Biella e Modena frenarono, un poco il cammino, che proseguì a saliscendi: si esauriva, nel frattempo, il grande ciclo di Felice Pelizzari, affiancato in panchina da un direttore tecnico (un altro ungherese giramondo: Zilizy), quale preavviso di un radicale mutamento di guida tecnica per la stagione successiva.
La nuova guida tecnica pare funzionare, la squadra si impegna, raccoglie alcuni risultati positivi e si presenta all’incontro casalingo con il Modena capolista, coltivando ancora qualche speranza di ricongiungimento: di fronte a 10.000 spettatori che affollano il Bacigalupo, il Modena si rivela ancora una volta (come la Reggiana ed il Catania) “squadra fatale” nella storia del calcio savonese. I “canarini” si impongono per 3-2, ma l’importanza “storica” di quella gara è tale da suggerirci di trascrivere di seguito, l’intero tabellino:
Domenica 9 Aprile 1961. Savona–Modena 2-3: reti di Pagliari e doppietta di Bolognesi per il Modena, doppietta di Nadali per il Savona. Savona: Zenari, Mariani, Caffaratti, Cucchi, Ciglieri, Nadali, Bianco, Negri, Parodi, Delfino, Teneggi II. Arbitro: Caporali di Piacenza.
Alla fine del torno 60–61 il Savona si piazza al settimo posto, pari merito con lo Spezia.
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1959-60
Fine estate 1959: Il Savona FBC era ritornato in Serie C, e si inaugurava il nuovo stadio di Legino, intitolato a Valerio Bacigalupo.
Due avvenimenti di grande rilievo per la storia della nostra Città: in particolare quello riguardante l’inaugurazione del nuovo stadio.
La costruzione di questo impianto (all’epoca di concezione molto moderna) era risultata assai travagliata (come capita di spesso a Savona, in questi casi) perchè, ad un certo punto dei lavori, l’ingegner Fenaroli di Milano, titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, era stato coinvolto in uno dei più misteriosi “gialli” del dopoguerra: quello relativo all’assassinio della moglie, Maria Martirano (un delitto che fece scorrere fiumi d’inchiostro, che divise l’Italia in innocentisti e colpevolisti: il processo si concluse con la condanna all’ergastolo dell’ing. Fenaroli quale mandante dell’assassinio).
I lavori furono sospesi, e poi terminati dalla Cooperative Edile Savonese. Così il 3 Settembre 1959 si svolse la solenne inaugurazione: tagliò il nastro mamma Angiolina, la mamma di Valerio, accompagnata dagli altri figli tutti ex-calciatori ed in campo, con i biancoblu, c’era proprio il Torino (che ironia della sorte, stava apprestandosi a disputare il primo campionato di Serie B nella sua storia).
Sugli spalti 9.000 spettatori (non c’erano ancora le curve, completate nella stagione del passaggio in Serie B 65–66, e la sopralevazione della gradinata, effettuata proprio, con i tubi Innocenti, nell’ultima stagione di cadetteria) ed un clima di grande entusiasmo.
Questo il tabellino della giornata: Savona–Torino 0-3, reti Moschino e doppietta di Mazzero.
Savona: Ferrero (Arrighi), Valentino Persenda, Ballauco, Contin, Pierucci, Mariani, Serena, Bartolaccini, Teneggi, Turotti, Marchiandi.
Torino: Soldan (Rigamonti), Scesa, Cancian (Farina), Bearzot, Lancioni (Gerbaudo), Bonifaci, Santelli, Mazzero, Virgili, Moschino (Ferrini); Crippa.
Arbitro: Gabbarini di Loano.
Nell’intervallo si disputarono gare di atletica (Savona disponeva di nuovo di un nazionale: il velocista Piero Agretti): l’atletica, infatti, dopo tanti anni di vita stentata alla Valletta (pista in carbonella di 290 metri) trovava così, finalmente, una sede adeguata all’importanza del proprio movimento (era l’epoca degli impianti polisportivi, la cui costruzione era stata incoraggiata dal CONI, in previsione delle Olimpiadi romane del 1960).
In quello stesso periodo si inaugurò anche la “Palestra CONI” di Corso Tardy e Benech (da sempre impropriamente denominata “Palazzetto dello Sport”); anche quello era un impianto attesissimo dai praticanti di moltissime discipline sportive, relegati in palestre, palestrine, cantine varie, sparse un po’ per tutta la città. In particolare trovarono sede stabile tre specialità nelle quali Savona poteva vantare punte di eccellenza: la lotta greco romana (con la squadra della Fratellanza, a lungo in Serie A, con Granaiola e Turco campioni d’Italia), la boxe (che in quel momento, dopo i fasti del “Moro”Aiello, disponeva di uomini di talento come Bracco e Regesto) ed il basket , portato da Pagnini ai vertici nazionali sia nel settore maschile, sia nel settore femminile.
Si trattava, insomma, di una fase di grande fermento che si inseriva in un discorso riguardante tutta la Città: era in piena espansione l’Oltreletimbro, il Commissario Straordinario (era l’epoca dello “scandalo Ghelardi”, in questa Savona politicamente sempre inquieta) aveva completato il rifacimento di via Paleocapa, si stava tracciando le linee del Piano Regolatore Intercomunale Savonese, un modello molto avanzato di programmazione urbanistica ed economica.
Principalmente, però, si era alla vigilia del “boom” economico. L’Italia stava cambiando, e cambiavano le abitudini degli italiani che imparavano a conoscere la televisione, l’automobile, gli elettrodomestici. Ma ne parleremo.
Torniamo al calcio giocato: gli striscioni si preparavano alla Serie C (un girone di ferro, con la Pro Patria, poi promossa, grande favorita, perchè reduce da un duplice scivolone nel giro di pochi anni, dalla Serie A alla C, ma con in campo ancora molti protagonisti della esperienza nella massima divisione).
Pelizzari confermato da Del Buono in panchina aveva ricevuto come rinforzi: il terzino Caffaratti dal Genoa, l’esperta mezzala Bertolaccini dal Lecce, il duo Turotti–Serena dalla Carbosarda (entrambi deluderanno ampiamente), l’ala Marchiandi dalla Sampdoria.
L’esordio risultò entusiasmante: 3-1 al Treviso, con il primo goal di Dario Ballauco (che, per curiosità della sorte, aveva già segnato l’ultimo goal in Corso Ricci, nel 5-0 al Pinerolo), ed una fantastica rete in rovesciata di Corrado Teneggi.
La squadra molto forte in difesa (dove Persenda e Ciglieri “chiudevano” implacabilmente) e a centrocampo (la regia di Giulio Mariani e la forza di Ilvo Nadali) risultò, in attacco, incompleta, affidata soltanto all’estro del suo cannoniere (alla fine della stagione, per la cronaca, Corrado Teneggi passò al Como): si cercò di porre riparo in corso d’opera, ingaggiando Nino Parodi (proprio lui, il vadese, arrivato da Vigevano, via Alessandria) e l’ala torinista, Romano Farinelli, uno dei giocatori più estrosi apparsi in maglia biancoblu.
Alla fine, però, arrivò soltanto l’undicesima piazza, con la promessa di rinforzi per la stagione successiva.
1958-59
La stagione 1958–59 nasce sotto i migliori auspici: Pelizzari è confermato, la dirigenza non lesina, i tifosi sono presenti numerosissimi (una media di 5.000 spettatori nel catino, laggiù quasi all’incrocio tra la via Nazionale del Piemonte e la Piazza di Lavagnola).
Addirittura il settimanale “Savona Sport” lanciato da Ivo Pastorino e Pino Cava, apre un referendum tra i tifosi sugli acquisti da effettuare (ed il velocissimo Ratto, dal Cuneo, preferito dagli sportivi nel voto popolare è in effetti ingaggiato da Del Buono).
Il campionato sarà trionfale: una vera e propria cavalcata delle valchirie.
Il Savona ritorna in Serie C, tra le elette del calcio italiano: quella Serie C che mancava da sette stagioni e che aveva visto il team biancoblu fra i protagonisti per un lungo periodo, prima e dopo il conflitto mondiale.
Il primato non è mai messo in discussione: il primo punto viene perso, in casa, nel match–trillhing con l’Entella (1-1) alla sesta giornata.
Una partita questa con i biancocelesti ricordata ancora oggi come tra le partite più spettacolari giocate in Corso Ricci, come quella successiva con la Sammargheritese, che avremo occasione di ricordare un poco più avanti.
La prima sconfitta arriva alla 14a giornata, a Tortona, e le battute d’arresto, alla fine saranno soltanto quattro.
Accennavamo ai tifosi: si viaggiava anche all’epoca per seguire la squadra. Ad Asti si andò in treno, scortati dal capotreno Ruy Blas Angelini padre del futuro giornalista Luciano che, all’epoca, giostrava tra i pali della squadra juniores diretta da Gino Ghersi; a Rapallo, addirittura, si scelse il vaporetto, con il gruppo guidato dal mitico “Fracassin” che, per esorcizzare il mal di mare, si dedicò soprattutto al…vino.
I pilastri della squadra furono essenzialmente Teneggi, Persenda, Ciglieri (acquistato dalla Sampdoria), Mariani, Ballaucco, Merighetto I (acquistato dall’Andrea Doria, per la cifra, allora assai consistente, di un milione raccolto attraverso una sottoscrizione cittadina, lanciata da Marietto Vagnola e dai dirigenti della Compagnia Portuale “Pippo Rebagliati”).
Particolare rilievo assunse il recupero del portiere Bruno Ferrero, reduce da un anno di inattività nelle fila della Veloce a causa di una squalifica. Ferrero giocatore di alta classe, ma un poco “genio e sregolatezza”, fu chiamato in corsa a sostituire il titolare Giacomelli, infortunatosi nel corso del già ricordato, drammatico, incontro con la Sammargheritese (all’epoca, non era ancora permesso il numero 12 in panchina, tra i pali andò proprio il cannoniere Teneggi, sfoderando una serie di magnifiche parate. Teneggi, però, qualche anno prima era stato portiere di ruolo: giocando, addirittura, da titolare in un campionato di Promozione con il Varazze).
In sostanza, abbiamo ricordato una annata che costituisce una vera e propria pietra miliare nel lungo itinerario della squadra savonese. Le novità, però, per il Savona non sono finite: si torna in Serie C e si trasloca. E’ pronto il nuovissimo stadio di Legino.
La storia continua…
1957-58
Il Savona si riaffaccia al di fuori dei confini regionali: il campionato di IV Serie 1957–58, nel girone A, comprende infatti squadre liguri, piemontesi e lombarde (un “classico”, insomma). Con gli striscioni ci sono anche Veloce e Vado: insomma il ricongiungimento, sul piano locale, si è realizzato.
La squadra è stata rafforzata, prima di tutto dal punto di vista della direzione tecnica: alla guida, dalla panchina, è stato infatti chiamato Felice Pelizzari, ex giocatore del Vado, per lunghe stagioni ala di raccordo nelle file rossoblu e poi abilissimo preparatore dei talenti più giovani sul terreno delle “Traversine”.
Pelizzari, persona squisita, dai modi di vero gentleman, alternava la sua attività di impiegato al comune di Vado Ligure con quella di allenatore di calcio: ma, intendiamoci, non era un dilettante, sul piano della professionalità calcistica. Tra i primi a frequentare i corsi di Coverciano, attentissimo alle novità tattiche, Pelizzari lascerà il segno nella storia biancoblu. Siamo in una fase di grande fermento, nel calcio italiano, dal punto di vista della ricerca di nuove impostazioni di gioco, quasi come nel periodo tra la fine degli anni ’30 ed il decennio successivo quando ci fu il confronto tra “metodo” e “sistema”.
Questa volta si disputa tra sistema classico (il WM degli inglesi) ed il mezzosistema (quello che adopera il “libero” alle spalle dei difensori e l’ala tornante: in Italia tradizionalmente sulla destra, con il terzino sinistro – il ruolo più difficile – che attacca). Il mezzosistema è stato lanciato da Ottavio Barbieri nel Liguria, nel Genoa e poi nello Spezia del campionato di guerra e dall’austriaco Karl Rappan, allenatore per molti anni della nazionale svizzera (in realtà Rappan, con gli italiani Viani, che porterà per la prima volta la Salernitana in Serie A, e Rocco, che porterà prima la Triestina e il Padova a ridosso delle grandi, adottano un mezzosistema più difensivo, denominato “verrou” o catenaccio; mentre altri, come l’allenatore dell’Inter Foni che, con questo tipo di tattica, si aggiudicherà due scudetti, 52–53, 53–54, concedono più spazio agli attaccanti).
In realtà il calcio italiano è ancora in crisi: il campionato è molto bello, in questi anni arrivano stranieri formidabili (per la Juve Charles e Sivori, oltre ad Hamrin dirottato proprio al Padova, per la Samp Ockwirck, per il Milan Ernesto Grillo, per il Bologna il biondo Vukas, che però deluderà, per l’Inter l’immenso Antonio Valentin Angelillo), ma la nazionale continua e deludere e non si qualifica neppure per la fase finale dei mondiali di Svezia 1958, eliminata a Belfast, dopo una dura battaglia, dall’Irlanda del Nord. In Svezia si afferma, finalmente, il grande Brasile, dotato di giocatori di purissima classe ed in grado di adottare un modulo di gioco, il 4-2-4 di Vicente Feola in grado di equilibrare il gioco sempre troppo avventuroso dei cariocas. Insomma: Gilmar, Djalma Santos, Nilton Santos, Zito, Bellini, Orlando, Garrincha, Didi, Vava, Pelè, Zagallo (con, tra le riserve Dino Sani e Josè Altafini, scusate se è poco) si siedono, pressochè incontrastati (la finale con i padroni di casa, ancora illuminati da Liedholm, Hamrin e Skoglund finisce 5-2) sul tetto del mondo.
Ma torniamo in Corso Ricci e al Savona: Pelizzari cerca di impostare la squadra con un WM “corretto”, l’esperto Bruno a coprire Valentino Persenda al centro della mediana, e per il centrocampo e l’attacco vengono ingaggiati due veterani di gran peso (come piace al presidente Del Buono). Si tratta del graditissimo “cavallo di ritorno” Bertin Mantero, che mette tutta la sua esperienza e la sua classe al servizio della squadra ricoprendo tutti i ruoli dell’attacco e Livio Gennari, gran pensatore del centrocampo, già protagonista in Serie B e C con Cagliari e Carbosarda, dotato di una finissima tecnica individuale. Arriva anche l’eterna promessa Basilio Parodi, un giocatore un po’ inespresso che, quando militava nel vivaio della Samp, aveva rappresentato una vera e propria “speranza” per i blucerchiati.
L’inizio del torneo è stentato: a Cornigliano, Gennari e Mantero sbagliano due rigori e l’Andrea Doria vince. Sette giorni dopo l’esordio in Corso Ricci è sfortunato: il Vado vince il derby. In questa occasione Pelizzari lancia un giocatore, anch’esso degno di menzione un po’ particolare: si tratta di Lello Paltrinieri, il “mago del muro” al campetto dei Salesiani, gran dribblatore, che poi percorrerà gran parte della sua carriera calcistica con l’Albenga . Nel frattempo, però, per Lello maturava la vocazione religiosa: entrato in Seminario, veniva ordinato sacerdote all’inizio degli anni ’70.
Diventato “Don Lello” si è segnalato come il prete degli umili, dei poveri, degli emarginati: una figura religiosa ed umana di grande qualità che non ha mai dimenticato l’antica passione per il gioco del calcio.
Però, quel campionato 57–58 nella sua fase iniziale continuava a dare grattacapi alla dirigenza ed ai tifosi: la “navicella” era tenuta in linea di rotta dai corner di Livio Gennari, specialista a sfruttare dalla bandierina tutti i refoli di vento, mentre suo cognato, il terzino Valle, ballava davanti ai portieri per ingannarli. In questo mondo Gennari agguanta due pareggi, ormai insperati, con Sestrese e Veloce.
Emerge, però, la necessità di rinforzare la squadra: delude soprattutto il portiere Cavo che comincia a sentire il peso dell’età, sostituto dal funambolico Bruzzone proveniente dal Cuneo.
A Novembre, però si decide di mettere mano all’attacco e alla difesa. Per la retroguardia è ingaggiato il possente Ilvo Nadali dal Messina, un centromediano d’altri tempi, dal lungo rinvio e dall’anticipo possente che a Savona farà davvero la storia; all’attacco, con il numero nove, arriva Corrado Teneggi, dal Verona: il Charles delle categorie minori, possente colpo di testa, gran tiro, successivamente protagonista ad alti livelli con Como, Lecce, Livorno.
La squadra si riprende, infila qualche vittoria importante ( 3-1 all’Andrea Doria, 1-0 alla Sammargheritese con rete di Galindo nel finale, 4-0 al Magenta, 3-2 in quel di Pinerolo): insomma si comincia a coltivare qualche ambizione, subito frustrata dell’eterna rivale Entella, che il 16 Febbraio 1958 passa in Corso Ricci 1-0, dopo che Papes aveva fallito un rigore, deviato in corner da Rollandi (in realtà i ragazzi che all’epoca seguivano da una parte all’altra del campo il portiere avversario, avevano chiamato a gran voce Nadali: ma Pelizzari, dalla panchina, non li aveva ascoltati…).
Insomma: alla fine arriva l’ottavo posto, alla pari con Asti e Magenta e ci si qualifica per il nuovo campionato di IV Serie.
Da ricordare, ancora, che il Savona arriva alle semifinali della Coppa Mattei (una sorta di coppa Italia semiprofessionisti dell’epoca) cedendo, il 1° Maggio del 1958, allo Spezia per 4-0: in quell’occasione si fronteggiano direttamente i fratelli Persenda; Valentino con la maglia biancoblu e Mino, passato nel frattempo dal Vado agli “aquilotti”.
I bianchi si aggiudicheranno poi la Coppa, vincendo alla monetina contro la Pistoiese. Non essendo ancora stata introdotta la regola dei calci di rigore, a quei tempi, se dopo i supplementari il risultato era ancora pari, ci si radunava negli spogliatoi e l’arbitro lanciava in aria una moneta per decidere il vincitore a “testa o croce”. Anche il Savona usufruì di questo sistema nella partita contro il Vado.
1956-57
La stagione 56–57 si apre, in biancoblu, con malcelate ambizioni: in panchina è stato chiamato Andrea Verrina, la “stella del Sud”, che ha giocato in serie A con Napoli e Genoa.
Un campionato in cui accade un fatto clamoroso: di uguale nella storia del calcio c’è da segnalare quanto accaduto al Perugia alla fine degli anni ’70, in Serie A. Perugia imbattuto e Milan con lo scudetto, tanto per capirci.
Gli striscioni non perdono neppure una partita, eppure non vincono il campionato: siamo sempre nel girone “A” della Promozione Ligure, ed i troppi pareggi (11 su 30 gare) frenano il magnifico cammino della compagine.
Verrina si rivela un ottimo tecnico, con un solo neo, che lo porta a scontrarsi con i dirigenti. Si tratta della “voglia matta” di scendere in campo nelle partite più importanti, cosa che gli viene impedita proprio da un apposito “diktat” presidenziale (che arriva dopo lo 0-0 conseguito nel vecchio stadio di Cornigliano, oggi “deposito del tram”, avversaria l’Andrea Doria).
Sì, è proprio l’Andrea Doria che, alla fine, si impone: i biancoblu “a quarti” perdono soltanto due partite, ma alla fine si ritrovano con due punti di vantaggio. Si trattava di un Savona assolutamente competitivo; a guardia della rete era stato chiamato l’esperto Cavo dalla Rivarolese; era ritornato, dopo una lunga altalena tra Serie B e Serie C il funambolo Ciccio Varicelli; il centrocampo era stato rafforzato dal settepolmoni Papes, un pegliese dai capelli rossi, proveniente dalla Valenzana; per tentare di rimediare alla sterilità in attacco si ripescano due grandi veterani: Duilio Zilli e Mario Ventimiglia.
Il match decisivo si gioca in Corso Ricci il 7 Aprile, ma l’Andrea Doria esce indenne dall’assalto savonese (Formazione: Cavo, Galindo, Varicelli, Bruno, Valentino Persenda, Papes, Pastorino, Paganelli, Vaccari, Ventimiglia, Grino).
Insomma, tutto sembra congiurare perchè si resti ancora una stagione nei tornei regionali. Poi, in estate, arriva la notizia–bomba: la Federazione ha deciso di sdoppiare la IV Serie in due categorie, I e II serie, in previsione di un allargamento della Serie C. Il Savona è ammesso, per meriti sportivi (lo zampino del Del Buono diplomatico…) alla II Serie.
Finalmente si riprende a salire nel calcio che conta.