Il ricordo delle bombe che esplodono sovrasta qualsiasi storia si voglia raccontare degli anni tra il 1940 ed il 1945: siamo nel periodo della più immane tragedia della Storia. La seconda guerra mondiale travolge tutto e tutti, popoli e paesi: uno sterminio totale, la morte della ragione, la banalità del male come ha scritto Hannah Arendt.
Non tocca certo a noi, in questa sede, ricostruire quella storia, dal piccolo punto di vista di una piccola città di provincia e delle vicende della sua squadra di calcio.
Anche noi, però, Savona e la sua squadra, siamo stati parte di quella tragedia che ci ha toccato in profondità, distrutto case, ucciso persone che ci erano care e restano nella memoria, coperto di vergogna chi si è macchiato di colpe non misurabili con il comune senso della distinzione del bene e del male, offerto l’occasione del riscatto per quanti hanno saputo battersi per la causa della libertà, della giustizia, del ritorno alla vita.
Eppure, dentro questa vicenda epocale, dentro questo percorso al termine del quale – davvero – nulla è più stato come prima, c’è stato posto anche per il calcio.
Anzi, il calcio, è stata una delle espressioni della vita quotidiana che, in Italia, ha fornito a tanti l’illusione di una normalità, di una normalità che c’era, di una normalità che sarebbe ritornata. Il calcio va avanti, insomma, per motivazioni sociale e culturali ben più profonde dell’imposizione del regime di fare in modo che appaia come “tutto va ben madama la marchesa”.
La stagione 1940-41, la prima nella cadetteria, è la migliore dell’intera storia centenaria della nostra società.
L’ingegner Noceti fa le cose in grande: ingaggia come allenatore l’ungherese Gyorgy Orth, un mago della panchina che negli anni ’20 è stato, in campo, uno dei grandi maestri della scuola danubiana. Orth è un ginnasiarca convinto, usa metodi innovativi nella preparazione fisica, tiene molto alla disciplina dentro e fuori dal campo: ha a disposizione una squadra esperta, con molti giocatori provenienti dalla serie A, fra i quali spicca il regista ex-juventino e romanista Tomasi, la mezz’ala ex-Lazio, Alessandria e Liguria, Riccardi, gli ex-milanisti Bolla, Gianesello e Martini (quest’ultimo un portiere che passerà alla storia: in quella fatidica stagione segnerà due reti. Una su rigore, all’ultima giornata all’Alessandria e l’altra, da porta a porta, nel vento di corso Ricci, beffando direttamente su rinvio il collega Erbinovi del Siena).
Insomma: per farla breve, il Savona si trova in lotta per la Serie A, con Liguria (la denominazione assunta dalla Sampierdarenese, dopo il subentro dell’Ansaldo come principale finanziatore), il Modena dei fratelli Sentimenti, il Brescia.
Tale è la situazione fino al 22 Maggio 1941, allorquando i “canarini” emiliani sono di scena in Corso Ricci. Ma il giorno precedente la storia si è ammantata davvero di “giallo”: il mistero resta fitto ancora oggi ad oltre sessant’anni di distanza e a noi non resta che raccontare le voci che poi sono circolate, nell’ambiente, per tanti anni.
Nel frattempo il sodalizio savonese era rimasto senza presidente: l’ing. Noceti era partito per il fronte russo, ed i dirigenti rimasti sembrava fossero molto spaventati dalle eventuali spese da sostenere per affrontare la Serie A.
Dunque: il sabato pomeriggio precedente alla fatidica sfida con il Modena, i giocatori gialloblu si recano al Cinema Reposi tutti assieme per ingannare l’attesa del match (era usuale, all’epoca, e lo fu fino agli anni ’60, il rito delle squadre che, al sabato pomeriggio, per ritrovarsi si recavano al cinema. Pensate un po’ cosa accadrebbe adesso, se, in pieno centro di una grande città, tutti i giocatori dell’Inter, del Milan, della Juve o della Roma si trovassero assieme in una sala: per tenere l’ordine pubblico ci vorrebbero i marines).
Ma torniamo al buio del “Reposi” (in via Paleocapa, adesso c’è l’ingresso dell’Intesa San Paolo) quel sabato pomeriggio; pare che un emissario del Savona, protetto dalle tenebre, abbia incontrato i dirigenti del Modena e, detto papale papale, si sia venduto la partita dell’indomani.
Storia o leggenda? Ai posteri…. Fatto sta che il Modena piegò per 1-0 un Savona spento ed affaticato, segnò l’uruguayano Banfi, un centravanti possente ma lento che fece un figurone, al punto da convincere gli osservatori della Juve ad acquistarlo, rivelandosi poi in bianconero un classico “bidone”.
Che quel Savona non fosse , quel giorno, il solito Savona fu dimostrato tre giorni dopo: sempre in corso Ricci si giocò la sfida con il Liguria, dominatore del campionato, ed i biancoblu strapparono una vittoria di grandissimo prestigio, grazie ad una rete di Tomasi.
Alla fine furono Liguria e Modena a salire in Serie A (le promozioni erano soltanto due) e la grande occasione sfumò definitivamente.
Bisogna però anche tenere conto di altri fattori: dopo domenica 4 Maggio il campionato si fermò per la Coppa Italia (il Savona venne eliminato a Livorno), riprendendo il 18. Al Savona toccò la trasferta più disagevole (siamo nel 1941 in piena guerra!) dell’intero torneo: a Macerata, per poi tornare di corsa a casa perché al giovedì ci sarebbe stato l’incontro-clou contro i “canarini”. Il Modena, dal canto suo, era già stato eliminato dalla Coppa Italia, in più ebbe la partita del 18 contro il Siena rinviata all’8 giugno e quindi si presentò all’incontro molto più fresco. Potrebbe essere stato solo l’accumulo della tensione e della stanchezza a incidere negativamente sulla prestazione dei biancoblù? Ulteriore punto da chiarire: il Liguria che venne battuto pochi giorni dopo aveva già ottenuto la promozione matematica, quindi la sconfitta (al di là dei motivi di campanile) per i sampierdarenesi lasciava il tempo che trovava.
Ricordiamo , allora, l’intera rosa di quella fatidica stagione: portieri: Martini e Caburi; difensori: Traversa, Rosso, Morchio, Bodini; centrocampisti: Sandroni, Tomasi, Riccardi, Pomponi, Puccini, Dutto. Attaccanti: Vaschetto, Ferrara, Bolla, Gianesello, Comini, Imberti.