Una stagione incredibile, romanzesca: negli USA ci avrebbero fatto un film da tante cose sono successe.
I soldi sono palesemente finiti, i giocatori se ne vanno in blocco e i dirigenti tentano l’ultima carta attrezzando una specie di campagna acquisti con elementi presi un paio di categorie più in basso o che rimettono le scarpe bullonate giusto per l’occasione…
L’inizio è logicamente disastroso, l’allenatore Ghilino tenta di fare le nozze con i fichi secchi ma l’impresa non è ardua, è impossibile. A novembre la svolta: la società viene ceduta alla Hancox Ltd., società irlandese che fa capo ai fratelli Montali. I due chiamano Bruno Caneo a fare da allenatore e parte una vera e propria “caccia all’uomo”, intesa come ricerca di tutti i giocatori disponibili sul mercato. Si tesserano uomini su uomini, si prova tutto quello che si può provare ma la situazione rimane disastrosa e le prestazioni sul campo tragiche: fioccano sconfitte e goleade, in casa e fuori, con gli avversari che dopo un po’ si stufano e trotterellano in mezzo al campo.
A suon di arrivi viene assemblata una squadra più o meno in grado di giocarsela alla pari con le avversarie, ma ormai è quasi finito il girone di andata e in classifica si contano 5 miserabili punti. Un passo indietro: a inizio campionato era stata ufficializzata l’ultima novità, da questa stagione gli arbitri avrebbero dovuto recuperare il tempo perso durante la partita. Era finita anche l’era dei 90 minuti tassativi, qualsiasi cosa succedesse.
A tre giornate dal giro di boa il Savona, straultimo, va a Camaiore sul campo della capolista: dopo 15 (sì, proprio QUINDICI!) minuti di recupero riesce a portare a casa una meritata e clamorosa vittoria per 3-2. La domenica successiva, galvanizzati dal successo, gli striscioni battono anche la Valenzana in casa e si apprestano ad affrontare l’ultima di andata, il 21 Dicembre a Pinerolo.
Ad uso e consumo dei tanti non presenti quel giorno, ci esibiamo in una cronaca differita di qualche anno; ma non temete, sarà più che veritiera: perché quel gol è come se Marcelo Gimenez l’avesse segnato dieci minuti fa…
Quarto d’ora o giù di lì (ai fini della storia non conta niente) della ripresa: Pinerolo e Savona sono sull’1-1, il Savona è in dieci a causa dell’espulsione di Bottinelli, autore della rete biancoblù. Brutto fallo nella nostra trequarti su un savonese che viene trasportato fuori dal campo: il Savona adesso è in 9 contro 11. Gimenez batte la punizione in posizione centrale e chiede la triangolazione a un suo compagno di squadra, riprende palla sul cerchio del centrocampo nella sua metacampo e avanza; supera due avversari in dribbling stretto e punta verso l’area di rigore. Sulla trequarti avversaria non lo contrasta nessuno, così arriva al bordo della lunetta con la difesa a quattro schierata davanti a lui; piega leggermente verso destra, cercando lo spazio per il tiro; all’incrocio tra la lunetta e la riga dell’area potrebbe farlo ma rinuncia, continua verso destra al limite mentre gli si fa incontro l’esterno opposto: con due finte cerca di nuovo lo spiraglio per il tiro e per due volte lo avrebbe, ma non tira.
“Che c…o fa? Che c…o fa? Perché non tira?” si chiedono i tifosi che già sudano freddo al pensiero di un contropiede da fronteggiare con due giocatori in meno. In quei precisi istanti succede qualcosa di magico, di inspiegabile, forse di soprannaturale, come le stelline che scendono dalle bacchette delle fate: il Genio del Gol si impossessa di lui e paralizza le facoltà mentali degli altri. Arrivato quasi al bordo destro dell’area, Gimenez fa un improvviso dietrofront, torna sui suoi passi, punta al lato opposto e poi si lancia verso la bandierina del corner. Perché in quei momenti nessuno dei giocatori di casa abbia tentato di farsi sotto per levargli il pallone è un mistero, così come è un mistero perché nessun savonese gli si sia avvicinato anche solo per dettare un passaggio: ecco la logica spiegazione al Genio del Gol!
Marcelo è sulla bandierina di sinistra dell’attacco savonese, mette la palla sulla riga di fondo e parte: supera un difensore che tenta un goffo recupero in scivolata, tunnel ad un altro piazzato al limite dell’area. Il pallone continua a scivolare su un invisibile binario sulla riga bianca: è in area! Il terzo che gli si fa incontro sta cominciando a capire. Forse cominciano a capire anche quelli sugli spalti, perché nessuno batte più ciglio: chi fuma ha la sigaretta penzolante dal labbro, chi non fuma ha quasi smesso di respirare; ci si tiene l’un l’altro per impedire a qualcuno di interrompere il sogno: l’estasi, la catarsi pian piano si sta impadronendo di tutti i presenti.
Il terzo difensore ha gambe sempre più molli ogni decimo di secondo che passa, tenta un contrasto ma è pavido: la palla continua il suo percorso sul limite di fondo come se il piede avversario si fosse smaterializzato all’improvviso. E’ al limite dell’area piccola! Il silenzio è totale, in campo e fuori: come nel Far West dei film tutti stanno aspettando il duello estremo, la resa dei conti. Arrivato a quel punto, Gimenez stacca la sfera dalla rotaia (perché solo lui poteva farlo) e si sposta verso il centro; il portiere è un tutt’uno con il primo palo: di lì non potrebbe mai passare. Quei tre passi all’interno dell’area piccola gli permettono di vedere solo una porzione dello specchio della porta, ma sulla riga c’è un altro avversario e sul dischetto del rigore un altro ancora che lo aspettano e forse non è il caso di rischiare troppo. Quindi…
Quindi cannonata contro l’estremo difensore, ma non rasoterra o contro le tibie che sennò il pallone sarebbe schizzato chissà dove… no, cannonata contro le parti molli: la pancia, le cosce. A mezz’altezza, insomma; per cui il portiere avrebbe tentato la presa ma il tentativo sarebbe risultato goffo e scomposto. Il numero uno avversario il pallone lo respinge, un po’ per parare e un po’ per ripararsi dal colpo, perde l’equilibrio, incrina la muraglia umana che formava con il compagno sulla linea di porta, si getta in avanti, lascia degli spiragli. E sulla palla che ballonzola tra i due contendenti il primo a mettere la punta dello scarpino non poteva essere che lui: Marcelo Gimenez!
Beffarda la sfera si infila lemme lemme tra il portiere proteso in un disperato estremo tentativo e il difensore ostacolato dal suo stesso compagno: GOL! Il più bel gol mai segnato da un giocatore del Savona su azione personale! Cosa successe dopo nella zona occupata dai savonesi lo lasciamo all’immaginazione di ognuno.
Passato un Natale ebbro di speranze e di sogni, il girone di ritorno riportò velocemente tutti quanti sulla terra. Una serie di sconfitte riallontanano il Savona dalla salvezza, intravista fino a poche settimane prima. Un altro scatto di orgoglio permette ai biancoblù di riportarsi sotto. Andando avanti tra alti e bassi si giunge quasi al termine del campionato: a 5 turni dalla fine incontro casalingo contro la Pavullese, da vincere a tutti i costi. Quasi alla fine del tempo di recupero il risultato è ancora sull’1-1, l’ultimo disperato attacco non porta ad altro che a un calcio di punizione dalla trequarti sinistra: l’arbitro fa battere giusto per lasciar passare gli ultimi secondi. Palla a spiovere in area, Cellerino arriva in corsa e con la coscia tibia anca ginocchio, un pezzo di arto qualsiasi, scaraventa la sfera nel sette della porta avversaria! L’arbitro fischia la fine mentre i giocatori corrono impazziti per il campo, tra il pubblico le urla si mescolano agli abbracci: grazie ai risultati di giornata il Savona sarebbe salvo! Il miracolo è a un passo.
La domenica dopo il Savona va a pareggiare a Massa sotto un diluvio epico, il punto serve ma le dirette concorrenti si riportano avanti. Partita casalinga contro il Camaiore: non si può sbagliare di nuovo. Come in un incubo si torna alla situazione di 15 giorni prima: vantaggio, pareggio ospite e assalto finale all’arma bianca. Passano i minuti, passano i secondi, siamo in prossimità del fischio finale quando Malafronte, con la forza della disperazione, non trova il modo di bucare di nuovo la retroguardia blugranata! Gli striscioni hanno regalato ai tifosi un’altra vittoria allo scadere, un altro attentato alle loro coronarie, soprattutto una giornata di speranza in più.
Penultima di campionato a Valenza: gli orafi non hanno nulla da giocarsi, il Savona sì. La tensione in campo è tanta e i rossoblu ne approfittano: gol dell’ex Briata. I biancoblù pareggiano prima della fine della frazione e ad inizio ripresa rovesciano il risultato. La squadra è visibilmente stanca, i padroni di casa non ci stanno a perdere ma la barriera davanti a Siracusa regge; gli striscioni traballano, rischiano, sono a corto di energie: c’è bisogno di cambi, se ne accorgono tutti. Lo chiedono i giocatori, lo urlano i tifosi, ma la panchina perde completamente la testa: si va avanti così, ma non si va lontano; i locali pareggiano allo scadere, la squadra crolla psicologicamente e viene infilata nuovamente nel recupero. Il finale di partita, fino ad oggi benevolo aiuto, diventa d’un tratto insormontabile ostacolo: il Savona retrocede, immeritatamente per l’impegno profuso in campo dai giocatori, giustamente per l’insipienza dimostrata dalla parte tecnica.