Il ritorno ai 3 gironi da 20 squadre l’uno coincise con un salto all’indietro di 37 anni, quando la categoria venne sdoppiata in C1 e C2. Passato il periodo delle vacche grasse, per la terza serie si imponeva una robusta cura dimagrante al fine di evitare la continua moria di società degli ultimi anni: rimaneva chi resisteva e aveva i conti a posto.
Quest’ultimo fu un punto rispettato per modo di dire, visto che i ricavi generati dalla categoria erano talmente esigui da permettere l’ingaggio (sì e no) di una mezza squadra: la panacea a tutti i mali sarebbe stato il ritorno al regime semiprofessionistico, sempre mutuato dall’esperienza dei decenni precedenti, ma l’Associazione Calciatori al proposito alzò le barricate e non se ne fece nulla.
A Savona la situazione era a dir poco esplosiva: le esternazioni presidenziali furono come una secchiata di acqua gelata su un fuoco che stava lentamente riaccendendosi, in più provocarono frizioni a non finire fra lo stesso presidente e l’allenatore. Corda era poco propenso ad abbassare le mire di gloria coltivate l’anno prima, ma fu costretto a smantellare la squadra che era arrivata a 2 partite dalla serie B. Rimasero in pochissimi: Antonelli, Carta, Demartis, Marchetti, Marconi e Quintavalla, segnale evidente che si doveva puntare alla salvezza e niente più. Ma il peggio doveva ancora venire: a pochi giorni dalla partenza per il ritiro Corda rassegna le dimissioni, motivandole con l’ostruzionismo del presidente nei confronti dei nominativi da lui proposti per la composizione della rosa, in pratica nessuno si fida più di nessuno.
Sono giorni convulsi, viene chiamato sulla panchina Arturo Di Napoli, ex giocatore di una certa fama in Serie A, reduce da una stagione disastrosa a Riccione e culminata col fallimento della società. Assieme a lui, ma al momento dietro le quinte, cominciano a muoversi Nicola Ceniccola e Marco Barghigiani… La squadra viene costruita in mezzo a mille difficoltà, ma alla fine c’è una parvenza di formazione in grado di reggere il campionato con dignità.
Molte perplessità alla presentazione dei gironi: il Savona viene spedito nel B, con trasferte ad Ascoli, L’Aquila, Teramo. Tutto abbastanza assurdo, ma così è. Assurda anche la decisione di spezzettare le giornate in un’infinità di gare scaglionate, per cui non solo al sabato si gioca a tre orari diversi, ma la domenica si comincia a giocare alle 11 del mattino, per poi proseguire alla mezza e così via! Un caos nel quale è veramente difficile raccapezzarsi e che viene giustificato da fantomatiche ragioni di “diritti televisivi” che, alla fine, porteranno briciole nei conti correnti delle società.
La stagione non parte neanche male: in Coppa Italia il Savona fa fuori il Terracina e si arrende a Bari (a quei tempi in Serie B) con un onorevolissimo 1-2; le prime tre giornate vedono i biancoblù conquistare 5 punti pur giocando 2 partite in trasferta; 4 sconfitte consecutive ricacciano gli striscioni nei bassifondi di classifica e poi… una partita che resterà nella storia. Quella tra Pontedera e Savona è infatti l’unica o fra le pochissime che siano cominciate in un giorno e finite in quello successivo!
A scanso di equivoci, va detto che l’orario d’inizio della gara furono le 20,45 di sabato 11 ottobre. Come fu quindi che la gara finì intorno all’una di notte della domenica? Nell’intervallo si scatenò un nubifragio di proporzioni gigantesche, che costrinse arbitro, giocatori, pubblico, tutti insomma, a cercare riparo alla meno peggio per proteggersi dalla furia dell’acqua. Di lasciare lo stadio neanche a parlarne: le strade si allagarono in un battibaleno, i fulmini cadevano tutto intorno peggio che in un bombardamento, si era in una situazione estrema. Dopo un paio d’ore di caos generale, l’arbitro fece capolino con dirigenti e giocatori e venne deciso di proseguire: il campo in sintetico aveva retto l’urto della furia degli elementi come meglio non avrebbe potuto, un quarto d’ora di riscaldamento e poi via con il secondo tempo quando ormai si era in prossimità della mezzanotte. L’1-1 finale venne fischiato quindi che si era già a domenica.
Un andamento altalenante ma in linea con le qualità della formazione, non permise a Di Napoli di mantenere la panchina: venne esonerato dopo la vittoria casalinga contro il Forlì, maturata in rimonta e in pieno recupero. La decisione (che lasciò perplesso più d’uno) fece il paio con l’annuncio dell’ingresso quali “consulenti esterni” dei ben noti Barghigiani e Ceniccola. La prima mossa dei due fu di andare a pescare un allenatore di settore giovanile: Antonio Aloisi, al primo incarico alla guida di una prima squadra. L’esperienza fu disastrosa: 5 punti in 10 partite fecero precipitare il Savona in fondo alla classifica, nel contempo i due “consulenti” aggiungevano danni ai danni. Il cambio di allenatore non fu casuale: arrivato alle soglie del mercato invernale, permise alla coppia di agire indisturbata con una serie infinita di operazioni in entrata e in uscita, tanto che alla fine il Savona si trovò ad avere ben 43 giocatori tesserati in una sola stagione! Un bailamme che diede il colpo di grazia alle già traballanti casse societarie.
Da questo continuo metti-e-togli la squadra ne uscì indubbiamente indebolita, ma anche frastornata e profondamente spaccata nello spogliatoio. Fortunatamente, dopo la sesta sconfitta in 8 giornate, si riaccese un barlume di sanità mentale anche nella mente del presidente, che si decise a cacciare Aloisi per mettere al suo posto il “cavallo di ritorno” Giancarlo Riolfo, acclamato dai tifosi come il salvatore della patria. In effetti, sotto la sua guida gli striscioni riuscirono ad ottenere due importantissime vittorie contro Pro Piacenza e (soprattutto) San Marino fuori casa: quest’ultimo un autentico spareggio-salvezza. Una volta ottenuta la certezza della partecipazione ai play-out, il Savona poté concentrarsi sulle due decisive sfide per mantenere la categoria, mentre altre 7 squadre lottavano allo stremo pur di evitare gli spareggi.
Alle sfide decisive, quindi, il Savona si presentò nella migliore condizione possibile mentre Gubbio e Forlì erano sulle gambe a causa della speranza della salvezza diretta, coltivata fino all’ultima giornata. Contro i rossoblu eugubini la partita non ebbe storia: solo la clamorosa impotenza realizzativa (secondo peggior attacco del girone) impedì agli Striscioni di trasformare in gol la mole di occasioni create. I gol di Demartis e Sanna (incredibile quest’ultimo, arrivato meno di un minuto dopo il gol del compagno di squadra: gli ospiti battono il calcio d’inizio, l’attaccante sale a pressare, conquista palla, s’invola verso la porta con i difensori a guardare e batte il portiere) sembrano indirizzare la sfida verso un finale scontato, ma una leggerezza di Marconi negli ultimi minuti fa respirare gli ospiti.
Il ritorno a Gubbio iniziò come meglio non avrebbe potuto: vantaggio di Carta e poi difesa e contropiede. I padroni di casa riuscirono a raddrizzare il risultato, ma non ad ottenere la vittoria che li avrebbe salvati. Settore ospiti in preda alla gioia più sfrenata con tanto di attesa all’autogrill, sulla strada del ritorno, per portare in trionfo il tecnico.
Con 8 anni di ritardo, quindi, Riolfo fece il miracolo: il Savona era in Serie C nonostante tutto e nonostante tutti. Il peggio, però, doveva ancora arrivare…