E’ l’estate del 1999, il Savona è a un passo dal fallimento. In tribunale ci sono già cause pendenti per insolvenza. La città sta a guardare, conscia che nulla e nessuno potrà evitare il passo finale; tra i tifosi lo scoramento è massimo.
Un bel giorno in città si presenta il 41enne Benedetto Piro, assolutamente sconosciuto ai più, ma con un assegno da portare al giudice fallimentare per chiudere le pendenze e assicurarsi la proprietà della società. La città lo accoglie freddamente, come nello stile ligure ma anche a causa di una campagna denigratoria montata ad arte, però molto velocemente ci si accorge che intende fare sul serio: campagna acquisti di lusso per una società che milita nell’Eccellenza Regionale, collaboratori del posto, ritorni di giocatori che sulla piazza erano dei miti.
Il personaggio è focoso come la sua terra d’origine, le sue sparate sono sul giornale un giorno sì e l’altro anche: “se dice certe cose è perché potrà permetterselo”, pensano in tanti. Avranno ragione, ma solo in parte. Per il momento hanno ragione. Tra Bettino, come si fa chiamare da tutti, e la città è un colpo di fulmine squassante: i suoi modi di fare, decisamente poco convenzionali, hanno il potere di scuotere i quintali di polvere che nei decenni erano andati accumulandosi sopra il blasone del Savona. La pubblica amministrazione, tirata in ballo per i capelli, non può far finta di niente e, dopo più di 20 anni, mette mano al Bacigalupo!
L’ambiente vive uno stato di esaltazione irreale, se si pensa alla categoria in cui militano i biancoblù, ma in questo periodo tutto è esagerato: chi si ricorda della “Milano da bere”? Uguale. La gente va allo stadio infischiandosene bellamente delle squadre avversarie, si va a vedere il Savona in quanto tale, per quello che è tornato a rappresentare. L’inizio di stagione è col botto: punteggio pieno nel girone eliminatorio di Coppa Italia, 18 punti in 6 giornate in campionato con 15 gol segnati e nessuno subito. Alla nona i punti sono 25, complice lo 0-0 casalingo contro il Sestri Levante con un rigore sbagliato e 18 calci d’angolo a favore degli striscioni, i gol 22 a 2: si favoleggia di una marcia trionfale, si sognano record su record, ma la realtà sarà diversa. Il comitato regionale mal sopporta di vedere il campionato ridotto a operetta e cominciano ad arrivare arbitraggi ben oltre il limite della decenza: rigori regalati agli avversari, agli striscioni concessi i falli solo quando proprio non se ne può fare a meno, tollerato ogni genere di brutalità sui savonesi. A metà Dicembre si arriva al culmine: a Vado si gioca un derby che, più che una partita, è un incontro di Thai boxe. Brignoli ha la mascella fratturata, Barone tre costole incrinate, Bottinelli una caviglia a pezzi sotto gli occhi impassibili dell’arbitro.
La domenica dopo, con mezza squadra in infermeria, a Savona arriva il Pontedecimo: nonostante tutto, se i granata perdono è praticamente finito il campionato. Sotto la pioggia è un assalto forsennato dei biancoblù al fortino granata; i genovesi resistono come possono, si mettono in 11 in area di rigore, ma a 10 minuti dalla fine capitolano su colpo di testa di Gatti: l’arbitro annulla. I tifosi sono imbestialiti, la squadra di più: preme sull’acceleratore, picchia come un maglio contro la difesa e, su una gran mischia in area, la palla entra in porta! Gol? No, perché un difensore la mette fuori con un pugno. Rigore? Neanche! L’arbitro fa segno che non è successo niente: mentre i giocatori del Savona sono tutti intorno al direttore di gara, prende palla un granata che si invola, neanche troppo convinto perché crede che il gioco sia fermo, verso la porta di Di Latte. Cappanera, tanto per evitare equivoci, lo stende: l’arbitro si apre la strada in mezzo ai giocatori di casa e va ad espellere il centrale degli striscioni!
Va detto che in questo torneo il Savona faceva più pubblico di tutte le altre gare messe assieme, quindi, quando arriva questa ennesima provocazione, succede il finimondo: c’è il reale rischio di un’invasione di campo. Tra la forza pubblica, i dirigenti e i meno esagitati tra i tifosi si riesce a metterci una pezza, agevolati dal fatto che alla fine dell’incontro manca veramente un’inezia. La carta stampata userà parole di fuoco per bollare la direzione di gara, i massimi organi regionali faranno a gara nel giurare e spergiurare che non c’è nessuna volontà di ostacolare il cammino dei biancoblù: sono giorni di altissima tensione. Il nuovo anno comincia con il Savona che vince la fase regionale della Coppa Italia e i dirigenti che premiano Piro e i giocatori: sembra che la pace sia stata finalmente firmata. Dura poco, perché alla ripresa del campionato agli striscioni viene negata la vittoria sul campo di Arma di Taggia a causa di un gol misteriosamente annullato negli ultimi istanti di gioco. La squadra reagisce da capolista e rifila un cappotto in trasferta alla Sampierdarenese; frattanto, però, qualcosa si è incrinato nello spogliatoio: sale la tensione fra mister Sassarini e i giocatori. In due gare, Santa Margherita e Busalla, gli striscioni offrono delle prestazioni disgustose e raccolgono altrettante sconfitte. La vetta è perduta, il Presidente capisce il messaggio e licenzia l’allenatore: al suo posto Flavio Ferraro.
Mancano 9 partite al termine: il Savona metterà assieme 8 vittorie e un pareggio, complici tre pali e il solito gol annullato, contro il Vado, nella partita che sancisce la matematica promozione con due turni di anticipo. In quella gara il Bacigalupo avrebbe agibili solo i 1.500 posti di tribuna ma, visto il numero di spettatori presente, si decide saggiamente di lasciar andare parte del pubblico anche sui distinti.
E’ un trionfo della squadra ma, soprattutto, personale di Bettino Piro: grazie a lui la città torna a parlare tutti i giorni del Savona.