Fine estate 1959: Il Savona FBC era ritornato in Serie C, e si inaugurava il nuovo stadio di Legino, intitolato a Valerio Bacigalupo.
Due avvenimenti di grande rilievo per la storia della nostra Città: in particolare quello riguardante l’inaugurazione del nuovo stadio.
La costruzione di questo impianto (all’epoca di concezione molto moderna) era risultata assai travagliata (come capita di spesso a Savona, in questi casi) perchè, ad un certo punto dei lavori, l’ingegner Fenaroli di Milano, titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, era stato coinvolto in uno dei più misteriosi “gialli” del dopoguerra: quello relativo all’assassinio della moglie, Maria Martirano (un delitto che fece scorrere fiumi d’inchiostro, che divise l’Italia in innocentisti e colpevolisti: il processo si concluse con la condanna all’ergastolo dell’ing. Fenaroli quale mandante dell’assassinio).
I lavori furono sospesi, e poi terminati dalla Cooperative Edile Savonese. Così il 3 Settembre 1959 si svolse la solenne inaugurazione: tagliò il nastro mamma Angiolina, la mamma di Valerio, accompagnata dagli altri figli tutti ex-calciatori ed in campo, con i biancoblu, c’era proprio il Torino (che ironia della sorte, stava apprestandosi a disputare il primo campionato di Serie B nella sua storia).
Sugli spalti 9.000 spettatori (non c’erano ancora le curve, completate nella stagione del passaggio in Serie B 65–66, e la sopralevazione della gradinata, effettuata proprio, con i tubi Innocenti, nell’ultima stagione di cadetteria) ed un clima di grande entusiasmo.
Questo il tabellino della giornata: Savona–Torino 0-3, reti Moschino e doppietta di Mazzero.
Savona: Ferrero (Arrighi), Valentino Persenda, Ballauco, Contin, Pierucci, Mariani, Serena, Bartolaccini, Teneggi, Turotti, Marchiandi.
Torino: Soldan (Rigamonti), Scesa, Cancian (Farina), Bearzot, Lancioni (Gerbaudo), Bonifaci, Santelli, Mazzero, Virgili, Moschino (Ferrini); Crippa.
Arbitro: Gabbarini di Loano.
Nell’intervallo si disputarono gare di atletica (Savona disponeva di nuovo di un nazionale: il velocista Piero Agretti): l’atletica, infatti, dopo tanti anni di vita stentata alla Valletta (pista in carbonella di 290 metri) trovava così, finalmente, una sede adeguata all’importanza del proprio movimento (era l’epoca degli impianti polisportivi, la cui costruzione era stata incoraggiata dal CONI, in previsione delle Olimpiadi romane del 1960).
In quello stesso periodo si inaugurò anche la “Palestra CONI” di Corso Tardy e Benech (da sempre impropriamente denominata “Palazzetto dello Sport”); anche quello era un impianto attesissimo dai praticanti di moltissime discipline sportive, relegati in palestre, palestrine, cantine varie, sparse un po’ per tutta la città. In particolare trovarono sede stabile tre specialità nelle quali Savona poteva vantare punte di eccellenza: la lotta greco romana (con la squadra della Fratellanza, a lungo in Serie A, con Granaiola e Turco campioni d’Italia), la boxe (che in quel momento, dopo i fasti del “Moro”Aiello, disponeva di uomini di talento come Bracco e Regesto) ed il basket , portato da Pagnini ai vertici nazionali sia nel settore maschile, sia nel settore femminile.
Si trattava, insomma, di una fase di grande fermento che si inseriva in un discorso riguardante tutta la Città: era in piena espansione l’Oltreletimbro, il Commissario Straordinario (era l’epoca dello “scandalo Ghelardi”, in questa Savona politicamente sempre inquieta) aveva completato il rifacimento di via Paleocapa, si stava tracciando le linee del Piano Regolatore Intercomunale Savonese, un modello molto avanzato di programmazione urbanistica ed economica.
Principalmente, però, si era alla vigilia del “boom” economico. L’Italia stava cambiando, e cambiavano le abitudini degli italiani che imparavano a conoscere la televisione, l’automobile, gli elettrodomestici. Ma ne parleremo.
Torniamo al calcio giocato: gli striscioni si preparavano alla Serie C (un girone di ferro, con la Pro Patria, poi promossa, grande favorita, perchè reduce da un duplice scivolone nel giro di pochi anni, dalla Serie A alla C, ma con in campo ancora molti protagonisti della esperienza nella massima divisione).
Pelizzari confermato da Del Buono in panchina aveva ricevuto come rinforzi: il terzino Caffaratti dal Genoa, l’esperta mezzala Bertolaccini dal Lecce, il duo Turotti–Serena dalla Carbosarda (entrambi deluderanno ampiamente), l’ala Marchiandi dalla Sampdoria.
L’esordio risultò entusiasmante: 3-1 al Treviso, con il primo goal di Dario Ballauco (che, per curiosità della sorte, aveva già segnato l’ultimo goal in Corso Ricci, nel 5-0 al Pinerolo), ed una fantastica rete in rovesciata di Corrado Teneggi.
La squadra molto forte in difesa (dove Persenda e Ciglieri “chiudevano” implacabilmente) e a centrocampo (la regia di Giulio Mariani e la forza di Ilvo Nadali) risultò, in attacco, incompleta, affidata soltanto all’estro del suo cannoniere (alla fine della stagione, per la cronaca, Corrado Teneggi passò al Como): si cercò di porre riparo in corso d’opera, ingaggiando Nino Parodi (proprio lui, il vadese, arrivato da Vigevano, via Alessandria) e l’ala torinista, Romano Farinelli, uno dei giocatori più estrosi apparsi in maglia biancoblu.
Alla fine, però, arrivò soltanto l’undicesima piazza, con la promessa di rinforzi per la stagione successiva.